Spettacoli

<a title="http://www.repubblica.it/spettacoli/cinema/" href="http://www.repubblica.it/spettacoli/cinema/">CINEMA</a>

Carlo Lizzani, addio al signore del cinema italiano

Aveva 91 anni, si è suicidato. Il suo gesto ricorda la tragedia di Mario Monicelli, suicida nel 2010. Aveva diretto "Achtung! Banditi!", "Cronache di poveri amanti", "Banditi a Milano". Fu anche direttore della Mostra del Cinema di Venezia

3 minuti di lettura
ROMA - Il regista Carlo Lizzani è morto oggi pomeriggio a Roma. Aveva 91 anni. Si è gettato dal balcone dell'appartamento in cui viveva, nel quartiere Prati. A dare l'allarme alla polizia, intorno alle 15, sono stati alcuni vicini che hanno visto il corpo nel cortile dell'edificio. Una fine tragica, che ricorda quella di Mario Monicelli. Un volo dal terzo piano di un appartamento per l'uno, quello dal quinto piano dell'ospedale San Giovanni di Roma per l'altro, il 29 novembre del 2010. Unanime la reazione degli amici e dei colleghi, fra sorpresa e commozione: nessuno se l'aspettava. In casa, un biglietto: c'è scritto "Stacco la chiave".

"La mia è stata una vita al servizio del cinema", aveva detto qualche tempo fa Carlo Lizzani al nostro Paolo d'Agostini. "Mi sono servito del cinema per conoscere il mio paese, il mondo, la storia, il Novecento". Un autoritratto lucido del modo di essere, sempre curioso, sempre presente, sempre aperto a quello che stava succedendo, di  Carlo Lizzani, che ci ha lasciato oggi  togliendosi la vita con  una decisione dolorosa, stoica, per ora inspiegabile  secondo le regole comuni, con un gesto  simile a quello del suo amico Monicelli. Quello che parlava della sua vita al servizio del cinema,  era il Lizzani che, al di là del giudizio sui suoi singoli film, al di là della contabilità dei successi e dei risultati,  ha sempre rappresentato una figura importante nella comunità del nostro cinema.  Qualcosa di più  che non solo un regista. Un uomo di cinema. E un uomo,  gentile, generoso, sempre pronto a un consiglio, un ricordo, una aiuto.
[[ge:rep-locali:repubblica:67966404]]
[[ge:rep-locali:repubblica:67962090]]
Come uomo di cinema Lizzani il cinema lo ha fatto da attore, da sceneggiatore e da regista. Lo ha percorso da critico e da storico. Lo ha amato e protetto da direttore, tra il 1979 e il 1982, di alcune delle più belle edizioni della Mostra del cinema di Venezia, ricostruendola dopo la contestazione sessantottina.
Lo ha difeso, sempre, da polemista impegnato. E ci ha lasciati  con una scelta  che ci lascia attoniti mentre sembrava, e forse  era  ancora, in piena attività, tra progetti, libri, dibattiti, sempre garbatamente aperto alla discussione, sempre attratto dal futuro.

Carlo Lizzani era nato a Roma nel 1922, e il suo interesse per il cinema lo aveva avvicinato brevemente alla palestra dei Cineguf - una fase della sua formazione che non ha mai rinnegato, ridimensionandola alla giusta dimensione di attivismo giovanile (" avevo diciassette anni e ... in un cassetto della mia scrivania tenevo i testi di Trotckij") .
[[ge:rep-locali:repubblica:67966566]]
Era stato collaboratore di Cinema e di Bianco & Nero, e aveva debuttato come attore in Il sole sorge ancora, di Vergano, accanto a Gillo Pontecorvo, lui lungo lungo, Gillo piccolino, in una scena di grande pathos, poi in Caccia tragica di De Santis. Ma aveva anche, negli stessi anni, cominciato a lavorare come sceneggiatore per Vergano, per De Santis, per Lattuada, per il disperato capolavoro rosselliniano che fu Germania anno zero. Ed è nel pieno della stagione del neorealismo, nel 1951, che debutta come regista con Achtung! Banditi, un episodio della resistenza ligure con cui inaugura la sua esplorazione della storia recente che continuerà sino a Hotel Meina, quasi sessant'anni dopo, raccontando la tragica strage degli ebrei in fuga raccontata dal libro di Marco Nozza.

Nella sua ricchissima filmografia di oltre sessanta titoli, tra film importanti e film meno felici, tra film importanti e film d'occasione, tra film per il grande schermo e, negli ultimi tempi, film televisivi, ma tutti cuciti dall'ideale filo rosso della ricerca sul passato recente del fascismo e della Resistenza, ad Achtung! Banditi Lizzani fa seguire Cronache di poveri amanti (1954) e Il gobbo (1960), L'oro di Roma (1961) e Il processo di Verona (1963), Mussolini ultimo atto (1974) e Fontamara (1977), Un'isola (1986) e, appunto, Hotel Meina nel 2007. Il suo spirito di storico del cinema gli suggerisce di ricostruire la lavorazione di Roma città aperta in Celluloide (1996). La sua curiosità per il mondo dello spettacolo lo porta a fare Lo svitato, con Dario Fo (1955). L'attualità lo spinge a realizzare, con uno stile tutto fatti, qualcuno dice "americano", e con un occhio attento alla evidenza della cronaca, Svegliati e uccidi sul "solista del mitra" Luciano Lutring e la sua banda (1966), Barbagia, su Graziano Mesina (1969), San Babila ore 20, sul neosquadrismo sanbabilino (1976), Nucleo zero, sulle derive terroristiche di sinistra, dal romanzo di Luce d'Eramo (1984). La sua attenzione alla condizione della società del boom gli fa dirigere uno dei suoi film migliori, La vita agra (1964), dal libro di Luciano Bianciardi.

Accanto alla sua coerente e metodica esplorazione cinematografica della storia, e accanto a una produzione non tutta di eguale valore ma di prodigiosa vitalità, Carlo Lizzani è stato anche uno storico di tutto rispetto del cinema e un solido memorialista. Alla sua storia del cinema italiano, e alla raccolta di scritti Attraverso il Novecento, nel 2007 si era aggiunto Il mio lungo viaggio nel secolo breve, una autobiografia intellettuale e artistica in cui, con la sua consueta lucida pacatezza, Lizzani ripercorre la sua lunga bella vita di militante del cinema e della passione politica che lo ha legato al Partito Comunista, fino al 1957, e poi, sempre, alla sinistra, in un pacato, tranquillo dibattito critico.

È questa pacatezza, questa conoscenza delle cosee che viene a mancare con Carlo Lizzani, uno degli ultimi protagonisti di una stagione irripetibile della nostra storia culturale. Abbiamo perso un uomo dalla gentilezza d'acciaio e un pezzo importante della nostra memoria nazionale.