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Rui Costa, ‘O Maestro’ che insegnò calcio con Fiorentina e Milan

E’ il pomeriggio del 13 luglio 2001 e Manuel Rui Costa sta attraversando il tunnel che porta direttamente sul prato dell’Artemio Franchi. E’ un percorso che conosce a memoria e che ha fatto centinaia di volte nel corso dei sette anni precedenti, ma questa volta è tutto diverso.

Non indossa infatti la maglia viola della Fiorentina bensì un paio di jeans ed una t-shirt bianca ed ha gli occhi gonfi di lacrime. E’ commosso e non fa nulla per nasconderlo ed è triste perché sta per congedarsi da una città che mai avrebbe voluto lasciare.

Sugli spalti sono accorsi in diecimila per salutarlo e tutti sono costretti a fare i conti con la stessa amara sensazione: la malinconia.

Malinconia perché il campione lusitano di fatto non è già più un giocatore della Fiorentina, malinconia perché in molti hanno già capito che con lui se ne sta andando non solo un pezzo di cuore, ma anche la squadra del cuore. Il club gigliato versa infatti in condizioni economiche drammatiche e la cessione di Rui Costa rappresenta uno dei disperati tentativi per evitare un fallimento che comunque arriverà dodici mesi dopo.

Quando il portoghese prenderà in mano il microfono per rivolgersi a quella che per anni è stata la sua gente, lo farà sapendo che mai come in quel momento ha avuto difficoltà nel far emettere alla sua bocca anche poche e semplici parole.

“Grazie. Vi ringrazio per questi sette anni nei quali sono stato con voi e per tutta la vita che passerò con voi. E’ difficile per me essere davanti a voi per un saluto. E’ molto difficile e molto emozionante. Scusatemi, non riesco a dire nemmeno una parola. Non dimenticherò mai tutto quello che di buono mi è successo in questi anni”.

Tra le tante persone al suo fianco in quel momento ci sono l’allora sindaco di Firenze, che gli consegna una targa sulla quale campeggia una frase che ben spiega cosa abbia rappresentato Rui Costa per il capoluogo toscano - “All’indimenticabile capitano della Fiorentina Manuel Rui Costa. Grazie per il tuo impegno e per il tuo amore per la città di Firenze” - e Giancarlo Antognoni, ovvero la leggenda gigliata che anni prima era riuscito a portarlo in viola.

E’ l’estate del 1994 e Rui Costa è stato già scelto dal Johan Cruyff per essere uno dei volti nuovi del suo Barcellona. In Portogallo e Spagna già circolano le sue foto con la maglia blaugrana addosso, ma sorge un intoppo: il presidente del Benfica, che aveva già ceduto il ragazzo ai catalani, viene sconfitto alle elezioni per la presidenza del club e deve far posto a Manuel Damasio, che non è convinto della cifra offerta dal Barça.

E’ a questo punto che prova ad inserirsi la Fiorentina. Antognoni lo vede dal vivo in una sfida tra Italia e Portogallo durante gli Europei Under 21 e pur essendo incappato Rui Costa in una partita non propriamente brillante, resta ammaliato da un suo passaggio filtrante. Al dirigente gigliato, che di gesti del genere ne ha sfornati in quantità industriale nel corso della sua carriera da calciatore, non serve vedere altro: è amore a prima vista. Anni prima al grande Eusebio, il suo scopritore, erano bastati dieci minuti di una partita tra bambini per restare folgorato dalle sue doti.

Pochi giorni dopo l'allora direttore generale viola è a Lisbona con in mano un’offerta più alta di quella del Barcellona. Per il Benfica la cifra è quella giusta, ma c’è un problema: va convinto Rui Costa a rinunciare al sogno blaugrana.

L’impresa non è evidentemente delle più semplici, ma Antognoni, che nel lusitano ha già individuato il suo vero erede, trova le parole giuste per sbloccare la situazione.

“Sogno di consegnarti la mia maglia numero 10”.

Rui Costa rinuncerà al Barcellona anche per amore di un Benfica, club che sta vivendo una grave crisi finanziaria e che lui vuole aiutare facendogli incassare il più possibile, quello che però non può sapere è che ad attenderlo ci sarà un altro dei grandi amori della sua vita: la Fiorentina appunto.

Quella che trova è una squadra che è appena tornata in Serie A, ma che ha ambizioni importanti. Ad allenarla è Claudio Ranieri e stella di quel gruppo è Gabriel Omar Batistuta, un fuoriclasse che proprio Rui Costa aiuterà a diventare anni dopo il giocatore più prolifico nel massimo campionato dell’intera storia viola.

Ai tifosi gigliati basta poco per capire che quel ragazzo ha un qualcosa di speciale e sono in molti ad intravedere fin da subito in lui il nuovo Antognoni. Dopo lo storico capitano gigliato anche Roberto Baggio aveva indossato la 10, ma era un giocatore diverso. Era più attaccante e goleador, mentre Rui Costa, proprio come ‘L’Unico 10’, giocava con la testa alta, dava uno sguardo al movimento del compagno e lo premiava.

Era insomma un trequartista con una dote che lo rendeva speciale: riusciva a vedere in campo linee di passaggio che altri nemmeno immaginavano. Era il ’10’ nel senso più puro del termine.

Rui CostaGetty Images

Classe, visione di gioco e tiro. In viola si consacrerà come uno dei migliori giocatori del pianeta, si toglierà anche il gusto di vincere due Coppe Italia ed una Supercoppa Italiana e quando se ne andrà, lo farà essendosi guadagnato un posto d’onore tra i migliori giocatori di sempre della Fiorentina. Come già successo sette anni prima, i problemi del suo club si trasformeranno in un bivio per la sua carriera.

“Quando nel 2000 Batistuta se ne andò, iniziammo ad avere un primo allarme. L’anno dopo andammo via io e Toldo. A Firenze ho vissuto sette anni di un qualcosa che ancora non riesco a spiegare. E’ stata realmente una storia d’amore ed io ho ricevuto tutto da una città nella quale sono diventato prima uomo e poi calciatore. Sono convinto che se sulla Fiorentina non fosse caduta quella sventura, io avrei potuto chiudere la mia carriera lì”.

Quello che il 13 luglio 2001 si congeda da Firenze è un fuoriclasse di 29 anni, che in patria si è guadagnato il soprannome di ‘O Maestro’, e che già sa cosa gli riserverà il futuro: ad attenderlo ci sarà infatti il Milan e la possibilità di competere per quei titoli che un giocatore come lui dovrebbe annoverare nel suo curriculum.

La strada che l’ha portato in rossonero non è stata in realtà delle più agevoli. Il primo club che contatta la Fiorentina è infatti il Parma che mette sul tavolo 80 miliardi di lire, oltre che un contratto ricchissimo. Le diplomazie si mettono al lavoro per chiudere l’operazione in tempi brevi, ma Rui Costa vuole solo il Milan e per almeno un paio di motivi: il Milan è il Milan e inoltre sarà Terim ad allenarlo, un tecnico con il quale si è trovato benissimo a Firenze.

Il club meneghino è più che attratto dall’idea di far suo il fuoriclasse portoghese, ma Silvio Berlusconi tentenna poiché teme che un simile esborso per un solo giocatore possa in qualche modo fargli perdere consenso a livello politico. Si inserisce quindi la Lazio che ha i mezzi per chiudere rapidamente ma, proprio quando si inizia a spargere la voce di un suo possibile approdo in biancoceleste, il presidente del Milan scioglie le sue riserve e dà il suo definitivo via libera. Saranno 85 i miliardi spesi, cifra questa che farà del lusitano il campione più costoso dell’intera era Berlusconi.

Quella che hanno condotto i rossoneri è stata una sessione di calciomercato importante e che contribuirà a porre le basi per uno dei più bei Milan della storia recente: se da un lato infatti saluteranno Bierhoff e Boban, dall’altro arriveranno, oltre a Rui Costa, anche Filippo Inzaghi ed Andrea Pirlo.

Quella affidata a Fatih Terim è quindi una squadra fortissima che prevede in attacco una coppia composta da Inzaghi e Shevchenko supportata dal campione portoghese. Ci sono tutti gli ingredienti per fare benissimo, ma i risultati faticheranno ad arrivare. Saranno proprio i tanti alti e bassi a convincere il Milan ad esonerare a novembre l’allenatore turco per affidare la panchina a Carlo Ancelotti: il tecnico di Reggiolo si rivelerà essere l’ultimo tassello che mancava per aprire un grande ciclo.

Manuel Rui CostaGetty

Tra tanti campioni Rui Costa si ritrova ad avere la possibilità di dar sfogo a tutta la sua fantasia. Dietro di sé può infatti contare su centrocampisti che possono innescarlo al meglio e davanti a sé ha due attaccanti molto diversi tra loro che gli lasciano aperto un ventaglio vastissimo di opzioni.

Rui Costa gioca in maniera stupenda, ma incredibilmente impiega due anni per trovare i suoi primi goal in campionato con la maglia rossonera. Lui, che con la rete aveva sempre avuto una buona confidenza, si ritrova a fare i conti quasi con una maledizione. Tuttavia nessuno si azzarda a mettere in dubbio la sua posizione all’interno della squadra e questo per un motivo molto semplice: le reti che non segna lui, le fa segnare agli altri.

Al Milan si confermerà giocatore di categoria superiore e sarà tra gli ingranaggi di una delle più grandi intuizioni di Carlo Ancelotti: l’’albero di Natale’ che prevedeva Pirlo in regia e Rui Costa e Kakà chiamati a supportare Shevchenko.

E’ quello un Milan bellissimo con il quale il fuoriclasse lusitano vincerà quei titoli importanti inseguiti per una vita: uno Scudetto, un’altra Coppa Italia, un’altra Supercoppa Italia, una Supercoppa Europea e soprattutto una Champions League contesa nella storica finale dell’Old Trafford alla Juventus.

I suoi ultimi anni in rossonero lo vedranno in campo con minore costanza ma, anche una volta superato nelle gerarchie da quel Kakà capace di interpretare il ruolo in maniera più fisica ed offensiva, non farà mai una polemica. Lui, che per qualità avrebbe potuto pretendere una maglia da titolare ovunque, si metterà a disposizione del più giovane compagno di squadra.

“Non c’è mai stata rivalità tra me e Rui Costa, anzi è stato gratificante imparare così tanto da lui. Mi dava consigli anche a fine primo tempo, mi diceva come trovarmi il giusto spazio ed eludere la marcatura dei difensori. Mi ha aiutato molto, posso dire che c’è stato un vero rapporto tra alunno e professore”.

Da ‘Maestro’ a professore: un grande professore. Ci sarà un dato che più salterà agli occhi quando Rui Costa lascerà nel 2006 il Milan per chiudere il cerchio lì dove tutto era iniziato, ovvero al Benfica, e sarà il momento di tirare le somme: quello dei ben 65 assist sfornati in 192 partite.

Si tratta di un numero che ben lascia capire perché Rui Costa è ritenuto da molti uno dei più grandi 10 ‘puri’ di tutti i tempi.

“Quando giocavo nella Fiorentina ho avuto la possibilità di servire Batistuta, Chiesa, Mijatovic, Balbo, Edmundo e Oliveira, mentre al Milan i nostri attaccanti erano Shevchenko, Inzaghi, Crespo e Vieri. Ero un uomo felice. Come numero 10 non posso lamentarmi”.

La sensazione è quella che anche gli attaccanti con i quali ha giocato abbiano avuto poco di cui lamentarsi…

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