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Dr. Giovanni Matteucci 5.10.2014 giovannimatteucci@alice.it https://www.linkedin.com/profile/view?id=90869427&trk=spm_pic CENNI STORICI SULLA MEDIAZIONE La mediazione è uno dei vari sistemi di soluzione delle controversie alternativi al giudizio, nel complesso denominati nella letteratura anglosassone alternative dispute resolutions , meglio noti con l’acronimo ADR . L’analisi e la formulazione teorico procedurale degli ADR, iniziata negli USA nel 1976 1 con la “Roscoe Paound conference” 2, sono state effettuate soprattutto presso l’ Università di Harvard, a seguito della litigation explosion: le controversie legali civili nel giro di 1 Già nel 1906, in un convegno dell’American Bar Association, Roscoe Pound aveva tenuto la relazione “The causes of popular Dissatisfaction with the Administration of Justice”. www.law.du.edu/sterling/Content/ALH/pound.pdf . 2 “ Il primo segno di interessamento ufficiale per i sistemi ADR è da ricondursi alla convocazione nel 1976, in Minnesota, della ‘Roscoe Pound Conference on the causes of popular dissatisfaction with administration of justice’. Accademici, giuristi e legali specializzati in rappresentanza degli interessi pubblici si riunirono in quell’ occasione per esplorare le possibilità allora offerte dai metodi alternativi di soluzione delle controversie. “ La ‘Pound conference’, che ebbe come sfondo la repentina crisi della giustizia civile, solo in parte temperata dalla crescente diffusione dell’arbitrato e della mediazione privati, tracciò di fatto i lineamenti dei primi interventi normativi con cui il Congresso degli Stati Uniti avrebbe di lì a poco introdotto la sperimentazione di forme di risoluzione alternativa delle controversie all’interno delle Corti federali distrettuali: nel 1978 vengono adottati dei programmi di arbitrato ‘court-annexed’ nelle Corti dei distretti Est della Pennsylvania, Nord della California e nel distretto del Connecticut. “ In essi si stabilivano le condizioni di procedibilità necessarie per poter adire le corti federali tramite gli strumenti ordinari e si imponeva all’attore il tentativo di esperire forme preventive di risoluzione alternativa della controversia, in modo da valutare se fosse possibile una composizione della lite meno dispendiosa possibile. .. “ Nel corso della ‘Pound conference’ Frank Sander, il futuro fondatore del ‘Mediation program’ di Harvard, propose di istituire una ‘ m u l t i d o o r c o u r t h o u s e ’, un tribunale ‘dalle molte porte’, in cui fosse possibile utilizzare diverse modalità di accesso alla giustizia, quali l’arbitrato e la mediazione, in modo da consentire alle parti di poter scegliere lo strumento che meglio si confacesse alle caratteristiche della lite. Sander aveva già capito che la ‘A’ di ADR doveva in prospettiva significare più ‘adeguato’ che ‘alternativo’ “. Cosi Giovanni, “Le alternative al giudizio”, appunti forniti a novembre 2005 al Master universitario di 1° livello “Procedure stragiudiziali di soluzione delle controversie”, Università degli studi di Siena, sede di Grosseto. “ Prior to 1965 the use of mediation outside the labor relations was practically unheard of. Then, in the late 1960s, attention was focused on mediation from two very different directions: civic leaders and justice system official saw in mediation a potential for responding to urban conflict and its flash points; and community organizations and legal reformers saw in mediation a potential for building community resources alongside the formal justice system. Though the motives and approaches were quite different, the combined effect was to make the idea of mediation of ‘neighborhood’ or community disputes, if not a household word, a widely accepted and legitimate concept. “ In practical term this meant the expansion of the community mediation field from a few isolated programs in 1970 to nearly two hundred by the early 1980s and to more than double that number today (Johnson, 1993). Moreover, as a result of its acceptance in this field, mediation was tried (and usually accepted) in an increasingly broad range of nonlabor disputes (including prisons, schools and hospitals), small-claims, personal injury and insurance and general business disputes; and claims involving government agencies (Singer, 1990). In the last five years or so, this trend has accelerated. Private business and even lawyers are finding mediation more and more actractive, spurring the start-up and expansion of for-profit mediation services”; Bush R.A. and Folger J.P., “The promise of mediation”, Jossey-Bass. Inc. Publishers, 1994, pag.1. 2 pochi decenni erano quasi quadruplicate ed il fenomeno, negativo, aveva assunto dimensioni sociali. Sul piano normativo nel 1998 l’Alternative Dispute Resolution Act statuì : “Each United States district court shall authorize … the use of alternative dispute resolution processes in all civil actions, including adversary proceedings in bankruptcy”. Da notare che si parla di tutte le corti distrettuali (non solo federali), per tutte le controversie civili, incluse quelle di tipo concorsuale. Tuttavia, questi metodi hanno una storia molto più antica e sono presenti in vari continenti, oltre a quello americano 3 . La filosofia confuciana (V secolo A.C.) si basa molto sull’armonia politica, morale e religiosa; in Asia centro meridionale ed orientale l’arte della composizione dei conflitti è stata da sempre utilizzata 4 . 3 “ L’antropologia giuridica ha contribuito fortemente a dimostrare come, in varie parti del mondo, dall’ Africa alla Russia, dal Giappone al Sud America si possano riscontrare innumerevoli esempi di giustizia informale prodotta dal lavoro di soggetti ‘al di fuori dell’ordinamento statale’ dotati di autorevolezza riconosciuta dai componenti della comunità a cui appartengono. Uno degli esempi più indicativi è quello analizzato alla fine degli anni ’30 del secolo scorso dall’antropologo inglese Evans-Pritchard del popolo Neur sudanese e del loro capo con la pelle di leopardo: ‘quando un uomo ha ucciso un altro deve immediatamente recarsi dal capo, che incide il suo braccio fino a farne uscire il sangue. Finché questo marchio di Caino resta visibile, l’uccisore non può né mangiare né bere. Per sfuggire alla vendetta, di solito rimane nella dimora del capo, che è luogo sacro ed inviolabile. Il capo comincia allora a fare pressioni sui parenti dell’uccisore, affinché si preparino a pagare una compensazione che eviti rappresaglie, e sui parenti della vittima perché l’accettino. Durante questo periodo le parti non possono mangiare o bere ad una mensa comune. Si potrebbe avere l’ impressione che il capo giudichi il caso e obblighi ad accettare la sua decisione. Niente di più falso. Non viene chiesto al capo di pronunciare un giudizio; ed a nessun Neur verrebbe mai in mente di chiederglielo. Se può sembrare che con la sua insistenza il capo forzi i parenti del soggetto ucciso ad accettare il risarcimento, se necessario minacciandoli di maledizione, la spiegazione è che questo suo comportamento consente ai parenti della vittima di conservare il loro prestigio sociale. Il riconoscimento dei legami comunitari tra le parti, l’esistenza di un obbligo morale ad accettare la compensazione tradizionale ed il desiderio di evitare il ricorso alle ostilità sembrano gli unici elementi che entrano realmente in gioco. In senso stretto i Neur non hanno Diritto (ordinamento). Nessuno è investito di funzioni legislative o giudiziarie’ ”. Marinelli Damiano, “ADR (Alternative Dispute Resolution), Guida operativa per conciliatori ed arbitri”, Edizioni giuridiche Simone, 2007, pag. 34. 4 “E’ dall’Estremo Oriente che ci giungono le immagini di un vero e proprio altro mondo del diritto e dei rapporti sociali. Gli abitanti di questa parte del pianeta (oltre un terzo della popolazione mondiale) appartengono a delle culture che nel corso di millenni hanno … sviluppato un atteggiamento stupefacente agli occhi di un europeo cresciuto nel culto dello stato di diritto e dei diritti individuali … . “Il buddhismo indocinese, lo scintoismo giapponese, il confucianesimo cinese … esibiscono … delle caratteristiche di fondo radicalmente diverse da quelle comuni alle tre religioni occidentali ‘del libro’: presenza sovrannaturale diffusa (se non assente); mancanza di rivelazione; centralità di una precettistica comportamentale volta alla coltivazione del sé, o all’acquisizione di tecniche per l’espansione della coscienza. Per quanto riguarda in particolare la tradizione confuciana cinese, … il mondo e l’uomo sono governabili, rispettando l’armonia universale … . “In questo universo di pensiero, il diritto non è … escluso, ma viene considerato un metodo di regolazione sociale estremamente rudimentale, utile soprattutto per trattare con i barbari: gli stranieri, i criminali incorreggibili (‘Per i barbari il diritto; per noi l’etica e il buon gusto’; così un vecchio detto cinese); e in effetti il diritto cinese è soprattutto penale. … . Poiché alla legge e al giudizio si preferiscono di gran lunga il compromesso e la conciliazione, poiché bisogna dissolvere, più che risolvere, i contrasti, rivolgersi ai giuristi sarebbe un controsenso: essi fanno riferimento a regole astratte, che possono sbarrare la via ad accomodamenti ragionevoli; in nome della giustizia possono addirittura fomentare il disordine, ad esempio imponendo a un debitore il pagamento di more e interessi incompatibili col suo patrimonio o il suo rango sociale. Le leggi certamente esistono, ma non possiedono lo stesso carattere imperativo che manifestano nei sistemi giuridici occidentali: rappresentano dei modelli di condotta cui bisogna pazientemente avvicinarsi, ma che non vanno obbediti alla lettera; le minacce, che talvolta contengono, sono lì più per dissuadere che per essere effettivamente applicate. Anche i contratti si situano all’opposto della concezione americana (e in parte europea): redatti in termini evasivi, han- 3 no per scopo di affermare la volontà d’intesa delle parti, non di elencare puntigliosamente i motivi dei possibili contrasti futuri”. Cosi Giovanni, “Interessi, diritti, potere; gestione dei conflitti e mediazione”, in www.adrmaremma.it , voce Articoli, pag.1. La visione del mondo da parte di cinesi, sopra riportata, è ben rappresentata in un articolo del 24.5.2013, nel quale, però, ci si chiede cosa ne sia rimasto al giorno d’oggi. “Non basta sapere l'inglese per intendersi con i popoli lontani da noi. Occorre conoscere la loro simbolica, ovvero il modo con cui pensano, credono, concepiscono il mondo e il rapporto che hanno con uomini e cose. Non solo quindi gli usi e i costumi, ma la loro visione del modo da cui gli usi e i costumi discendono. In questo senso il libro di Renata Pisu, Né Dio né Legge. La Cina e il caos armonioso (Laterza, pagg. 154, euro 15,00) è un libro utilissimo, anche per la grande esperienza che la giornalista ha maturato in quella terra, dopo aver frequentato per quattro anni l'Università di Pechino e dopo essere stata corrispondente da quelle terre a partire dal 1984, prima per La Stampa e poi per Repubblica. “I cinesi non pensano come noi. Non hanno mai adottato la nostra logica dualistica che distingue l'essere dal non essere, Dio dal mondo, il vero dal falso, il giusto dall'ingiusto, l'anima dal corpo, e nonostante tutti gli sforzi dei missionari, che a più riprese, a partire dal Cinquecento, cercarono di parlare a loro con le nostre parole, ogni tentativo fallì, perché per i cinesi non c'è un cielo al di là della terra, un'anima che sopravvive al corpo, una legge che regola le condotte, ma solo un' ‘armonia’ che lega gli uomini alle cose e ai propri simili e che, quando è infranta, è la vera causa della sofferenza e dell' infelicità. “K'ung-fu-tzu, che noi abbiamo latinizzato con il nome di Confucio, non proponeva una dottrina, ma la semplice ‘Rettificazione dei nomi’ per cui: ‘Un sovrano è un sovrano, un suddito è un suddito, un padre è un padre, un figlio è un figlio’, e se ciascuno si attiene al suo nome e ai compiti che gli derivano, l'ordine sociale e politico risulta perfettamente adeguato all'ordine cosmico e l'armonia si compie. “Questa armonia viene ribadita anche dal taoismo, che la tradizione fa risalire al Lao Tzu (IV secolo a. C.), il quale, con il libro delle ‘cinquemila parole’ ( Tao-têChing ), supera la dottrina confuciana dei ‘nomi’ perché, in un mondo dove tutto diviene e nulla permane, ogni tentativo di fissare in un nome il senso delle cose naufraga. ‘Il Tao che tutto presiede senza nome e ogni nome che gli viene attribuito non è il suo nome. Il Senza-nome è origine del mondo celeste e terrestre’. Così recita il taoismo che sposta l' armonia dal mondo umano a quello cosmico, dove i due principi dello yin e dello yang ne regolano il ciclo. Seguendo questo movimento naturale senza ostacolarlo, l' uomo raggiunge quell'armonia in cui consiste la felicità. “Sia il confucianesimo, sia il taoismo esprimono una simbolica che è l'esatta antitesi di quella occidentale, la cui caratteristica peculiare si manifesta proprio nell'intervento umano sullo svolgimento naturale delle cose per piegarle al proprio volere. Questo tratto, che Nietzsche segnalerà come ‘volontà di potenza’, caratterizza il modo occidentale di pensare che, articolandosi per concetti ( cum-capio ), rivela la sua natura prensile (ribadita anche dal tedesco ‘Be-griff ’, da ‘greifen’, afferrare). Da questo modo di pensare non poteva non seguirne quell'agire che è un conquistare, un infrangere l'armonia del mondo per imporre il proprio ordine. “Un ordine che oggi rivela tutta la sua incertezza e soprattutto la sua imprevedibilità, per cui guardiamo il cielo e ci affidiamo ai suoi presagi per conoscere il futuro. Anche l'antica cultura cinese, come opportunamente ci ricorda Renata Pisu, guardava il cielo e la cosmica armonia, ma non per conoscere il loro futuro, ma per vedere se le loro parole, i loro gesti, lenti, agili, violenti, modificavano le stelle, il loro equilibrio, la loro luce, il loro giro. Perché anche il gesto dell'uomo, anche il più segreto come il gesto sessuale, produce armonia o disarmonia nel cosmo che non ci ignora. “ …. “A questo punto resta da chiedere a Renata Pisu se di questa antica simbolica confuciana e taoista c' è ancora traccia nella Cina di oggi e più in generale in quell' Estremo Oriente, che a me pare abbia assimilato per intero la simbolica dell'Occidente che ha nella volontà di potenza il suo tratto specifico. Che ne è infatti del rispetto della natura in quella terra? Che ne è dell'aria negli immensi agglomerati umani? Che ne è delle condizioni e degli orari di lavoro? Che ne è dell' ‘armonia’ che lo governava senza bisogno di un Dio o di una Legge? Non è che la legge occidentale del mercato ha spezzato quell' "armonia" dove l'antica sapienza cinese collocava la felicità dell' uomo?”; Umberto Galimberti, “Il caos calmo della nuova Cina”, la Repubblica, 24.5. 2013, pag. 41, http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2013/05/24/il-caos-calmo-della-nuovacina.html . Ed all’inizio del terzo millennio in Cina la mediazione pare che sia poco conosciuta. Vedi , Rita Fatiguso, “Italia e Cina rilanciano la mediazione”, Il Sole 24 Ore, 205.2013, pag. 27, http://www.ilsole24ore.com/art/impresa-e-territori/2013-05-20/italia-cina-rilanciano-mediazione083112.shtml?uuid=AbEAvOxH&fromSearch . Mediation in China – “Mediation in China has a very long history, because Chinese have the culture to resolve disputes amicably. Chinese mediation usually lacks regulation and needs modernization. There is a relevantly old article on china mediation in the eve of modernization. 4 Secondo “l’arte della guerra cinese … bisogna il più possibile evitare lo scontro diretto col nemico e cercare piuttosto di minare preventivamente e ‘obliquamente’ la sua capacità offensiva, in modo che la battaglia divenga al limite inutile; il colmo dell’ eccellenza militare è sottomettere le forze nemiche senza dover impegnare battaglia … . Il modo peggiore di condurre la guerra è l’immobilizzazione frontale nella forma dell’assedio. Il tentativo di distruggere l’avversario, oltre che essere rischioso, implica infatti quasi sempre la perdita delle sue risorse: il bravo stratega non deve tendere alla distruzione, bensì alla destrutturazione del nemico privandolo della sua capacità di reazione e paralizzandone i movimenti”. Al contrario “il modello occidentale della guerra, così come si è formato nell’ antichità greca, appare tutto incentrato sullo scontro diretto di schieramenti in battaglia … , sulla falange, in cui due corpi di opliti pesantemente armati schierati in ranghi compatti avanzano l’uno contro l’altro, senza possibilità di diversione o di fuga. Il campo di battaglia, spesso scelto di comune accordo, deve essere aperto e privo di insidie. “ … Vi è probabilmente di più che una semplice analogia tra il modo in cui si scontrano le falangi sul campo di battaglia e il modo in cui i ‘logoi’, confrontandosi all’interno della ‘polis’, strutturano le forme archetipo del pensiero occidentale. L’ ‘agon’ bellico trova un equivalente nel modo in cui si articola il discorso nella tragedia (e nella commedia), nell’assemblea, nel tribunale: che sia teatrale, politico o giudiziario si tratta sempre di un dibattito in cui schiere di argomenti contrapposti si affrontano direttamente e ‘da vicino’ al fine di raggiungere una decisione” 5 . Nella tradizione occidentale in genere lo scontro degli interessi viene portato in tribunale; in quella cinese invece si utilizza soprattutto l’ accomodamento. Si potrebbe ricordare che nel mondo cinese i soldati erano una casta a sé, per tutta la vita; nella ‘polis’ greca, invece, si trattava soprattutto di artigiani, commercianti e contadini, che non avevano molto tempo da sottrarre alle loro attività produttive, per cui dovevano risol- http://scholarship.law.berkeley.edu/cgi/viewcontent.cgi?article=2913&context=californialawreview “China mediation traditionally is based on the respect of authorities. Mediators are usually judges, arbitrators, government officials, or someone with high reputative in the community. Most mediators do not have appropriate training in either law or mediation skills. The parties are not reaching agreements with the help of meditor, but they usually surrender to the mediator's proposal. Or they reach a resolution due to the community/moral pressure. “Settlement between private parties over a dispute that does not include a lot of money may be made informally. This is a way to show amicable resolution and friendship. Chinese tradition does not prefer clear-cut options. A vague settlement may make both parties feel comfortable. Parties may not agree on details, especially on the compensation upon failure to perform/enforce, such as interest upon delayed payment or penalty for nonperformance. There is uncertainty even after settlement, but this raises very little concern to the parties. A definite agreement may lead to delay or failure of mediation. Usually, where one party insists clarify and definite answers, the other would suspect his sincerity and blame him as the mediation breaker due to his attitude. Many Chinese civil mediation is done by judges as a pre-trial process. Definite settlement will be reached fairly easily in these cases. “In 2010, China adopted the mediation Act to improve mediation practice and has established the first commercial mediation centre based on CCPIT, focusing on commercial mediation. “The traditional style is inappropriate for commercial mediation. Modernization aims to abandon the authority-based style and focus more on the commercial interest and free bargain. Since mediation is rarely used in big cases, there is no evidence to show whether the behaviour is changed in cases involving a lot of money, where the parties and councils are usually more sophisticated”. - Zheng Sophia Tang, January 7, 2014 5 Cosi Giovanni e Romualdi Giuliana, “La mediazione dei conflitti – Teoria e pratica dei metodi ADR”, G. Giappichelli Editore, Torino, 2010, pagg. 70-72. 5 vere abbastanza in fretta i loro contrasti bellici. Ma l’argomentazione complessiva è, per quanto ovvio, molto più articolata. Interessante l’analisi di come l’attività commerciale abbia influenzato le capacità di negoziazione dei Fenici, il cui acme culturale ed economico è databile intorno al 1.000 A.C. : “The Phoenicians did not become outstanding negotiators by calculation or contrivance, but simply out of necessity. They did what was necessary to survive and then to thrive. .. Their business was the negotiation of trade and the transport of goods by sea in their sturdy boats of Lebanese cedar. Because of their principles, they became the master sea-traders or their day, and continued to fluorish for three thousand years. .. The 7 principles of the best negotiators ever: create partenership, trade internationally, resolve differences peacefully, express religious tolerance, respect women, uphold equality, retain privacy “ 6. Nel VII secolo A.C, in quella che viene considerata la prima raccolta scritta di leggi del mondo occidentale, Zaleuco di Locri Epizefiri (Magna Grecia) tra gli altri principi aveva stabilito: “E’ vietato intraprendere un giudizio fra due se prima non si è tentata la conciliazione” 7 . Nelle XII tavole, raccolta normativa della Roma repubblicana del V secolo A.C., un accenno alla conciliazione lo si può rinvenire nel precetto: “Rem ubi pacunt, orato” “Se le parti si mettono d’accordo, il giudice emani la sentenza” 8. Nel Vangelo secondo Matteo (5,20-26): “Mettiti presto d'accordo con il tuo avversario mentre sei in cammino con lui, perché l'avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia e tu venga gettato in prigione.” Paolo, prima lettera ai Corinti: “Se dunque avete liti per cose di questo mondo, voi prendete a giudici gente senza autorità nella Chiesa? ... Cosicché non vi sarebbe proprio nessuna persona saggia tra di voi che possa far da arbitro tra fratello e fratello?” Nella Roma imperiale per alcuni secoli ci furono i Defensores civitatum , “magistratura locale, paterna, paciera, di confidenza, investita di una limitata giurisdizione civile e penale, che si può ben dire contenesse il germe dei moderni Conciliaotri e vice-Pretori comunali” 9 . 6 Chamoun – Nicol’s Habib, “Negotiate like a Phoenician”, Keynegotiations, 2007, pag. 33. 7 “ Sembra di imbattersi nella norma del decreto legislativo italiano del 2010 attualmente vigente in materia di mediazione obbligatoria, finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali. Quindi circa 2.700 anni fa in scritti di carattere normativo compaiono nitidamente i concetti di mediazione e conciliazione”. De Luca Picione Mario, “Cenni storici sulle ADR”, in “Temi Romana”, quadrimestrale dell’ordine degli avvocati di Roma, anno LVII n. 1-3, genn-dic. 2010, pag. 11. 8 Carlo Alberto Calcagno, “La conciliazione delle origini – II parte”: “Presso i Greci era vietato muovere guerra senza prima aver offerto la pace: gli Araldi adempivano a questo compito come a quello di dichiarare la guerra e proclamarla in pubblico. … “ Su loro imitazione nelle città della Magna Grecia vennero costituiti gli Irenofilaci, ossia i custodi della pace, che sedavano le contese private con la ragione: questo tipo di impostazione lo si ritroverà in diverse legislazioni europee dell’Ottocento in tema di conciliazione. “ Gli Irenofilaci prima di ogni guerra trattavano la pace e qualsiasi soldato o re, prima di scendere in armi o muovere guerra, doveva avere il loro assenso. “ Secondo Plutarco fu Numa ad istituire in Roma i sacerdoti Feciali che avevano la stessa funzione e poteri degli Irenofilaci, …“; 14.11.2012, http://mediaresenzaconfini.org/2012/11/14/la-conciliazione-delle-origini-ii-parte/ 9 Scamuzzi Lorenzo, “Conciliatore – Conciliazione giudiziaria”, in Digesto Italiano, 1886, pag. 41. 6 Nel medioevo la Chiesa ha spesso svolto attività di mediazione nelle liti, sia tra privati a livello locale, sia tra nazioni. Tuttavia tale funzione fu principalmente legata al rilievo politico assunto dall’istituzione ecclesiastica, in quanto nella sua dottrina più che la conciliazione rileva il perdono. Nel ‘700 in Olanda era obbligatorio per i cittadini recarsi davanti ai conciliatori, senza l’assistenza degli avvocati, prima di adire i giudici ordinari. Il tutto era stato segnalato da Voltaire in una lettera del 1745 10, che pare fosse ben conosciuta dai componenti l’ Assemblea costituente nata dalla rivoluzione francese. Questi, volendo effettuare un radicale cambiamento dell’ordinamento giuridico, adottarono subito l’idea di una magistratura “paterna”, che giudicasse senza formalità le piccole controversie e cercasse anche di mantenere la pace e la concordia, prevenendo le liti. Nel 1790 furono così istituiti i giudici di pace, la cui figura venne portata in Italia dalle armate napoleoniche e, con gli anni, diede buona prova di sè soprattutto nel Regno delle Due Sicilie 11. C’è stato tuttavia un periodo, nella storia italica, in cui il ricorso alla conciliazione non era molto ben visto dal legislatore: “L’imperatore Caligola, non sapendo più come altrimenti rifornire il pubblico erario dilapidato dalle sue stranezze, creò una gravosa imposta sulle liti, nientemeno che del quaranta per cento sulla somma in controversia, e di conseguenza il conciliarsi fu considerato come una contravvenzione in frode dell’erario. Ce lo riferisce lo stesso Svetonio: Pro litibus atque judiciis ubicumque conceptis, quadragesima summae de qua litigaretur; nec sine poena, si quis composuisse vel donasse negotium convinceretur”. Scamuzzi, citato, pag. 41. 10 “La meilleure loi, le plus excellent usage, le plus utile que j’aie jamais vu, c’est en Hollande. “ Quand deu hommes veulent plaider l’un contre l’autre, il sont obligés d’aller d’abord au tribunal de juges conciliateurs, appelés faiseur de paix. “ Si le parties arrivent avec un avocat et un procureur, on fait d’abord retirer ces derniers, comme on ete le bois d’un feu qu’on veut’eteindre. “ Les faiseur de paix disent aux parties: vous etes des grand foux de voulir manger votre argent à vous rendre mutuellement malheurux; nous allons vous accomoder sans qu’il vous en coute rien. Si la rage de la chicane est trop forte dans ces plideurs, on les remet à un autre jour, afin que le temps adoucisse les symptomes de leur maladie; ensuite les juges les envoient chercher une seconde, une troisième fois: si leur folie est incurable, on leur permet de plider, comme on abandonne à l’amputaton des chirugrgiens des membres gangrenés; laor la justice fait sa main” . Scamuzzi , citato, pag. 50. 11 Per chi crede ancora che la mediazione sia nata ad Harvard – “Il passo che segue è del 1836 … “Non basta che il conciliatore sia semplicemente amabile; è d‘uopo ancora che sia esperto. Ei deve non solo ravvicinare spiriti, ma, ciò ch‘è molto più difficile, trovare il punto in cui si riuniscano gli interessi delle due parti, e mostrare ad uno in che possa cavar partito dal piano che all’altro conviene. Per compier l‘opera che gli è imposta, bisogna che il conciliatore conosca a fondo la posizione e il carattere di coloro co’ quali ha che fare, né soltanto sapere ciò che ognuno d’essi domanda, ma ciò che ciascuno realmente vuole, e ciò che in fatto gli starebbe bene; mettere nella bilancia della divisione i mezzi che l’uno può avere per far valer la sua parte, e l’ inclinazione dell’altro che può essergli motivo a valutar maggiormente la propria; saper stornare un progetto che inceppi la conciliazione, col sostituirne un altro che la faciliti; in una parola aumentare, direi quasi, i beni in quistione, in modo che ciascheduno rimanga soddisfatto di quella parte che riceve di un tutto, il quale intero bastava appena a saziare il suo desiderio; operare, per così esprimermi, il miracolo della moltiplicazione de’ pani. “ Dopo l’accomodamento, i litiganti maravigliati del trovarsi contenti, ammirano il prodigio del conciliatore. Ma questo prodigio non accade di spesso, né il carattere di conciliatore appare sempre che si voglia. È un talento che si manifesta, data l’occasione, e le occasioni non si presentano ad ogni passo, a meno che il conciliatore non si faccia ambasciatore: allora le occasioni non gli mancheranno, ma bisogna far conto di quelle soltanto in cui riusciranno in bene li suoi maneggi. Il carattere dell’uomo che possiede uno spirito conciliante s’approssima a quello dell‘uomo amabile. “ Dotato di quello spirito trova egli nelle più opposte opinioni il punto che le congiunge, nelle passioni più inacerbite, il motivo che potrebbe raddolcirle. Conciliatore può dirsi solo colui che giunge ad ottenere il suo intento. Lo spirito conciliante trova i mezzi che dovrebbero condurre a conciliare, ma non è sicuro che sempre riescano. Il carattere conciliante vorrebbe tutto accomodare, ma può darsi chi fin dalle prima non miri giusto, e non colga nel segno. 7 Nel ‘700 ed ‘800 “diversi paesi dell’Europa possedevano una robusta cultura della conciliazione e legislazioni coerenti. “In alcuni contesti sociali ed economici quelli che noi definiamo strumenti alternativi non furono percepiti come tali, ma vennero considerati – in qualche caso per millenaria costumanza – come mezzi di risoluzione esclusiva di diritto o di fatto dei rapporti familiari, delle vicende societarie, lavoristiche ed agrarie. “ L’Italia non costituisce eccezione se non per il fatto che in epoca risorgimentale, fermo l’arbitrato obbligatorio per l’ambito societario, si preferì una conciliazione di stampo volontario. “ Si registra poi spesso nella storia della composizione bonaria del conflitto un legame, una commistione tra il momento conciliativo e quello aggiudicativo, nel senso che il verbale di conciliazione poteva fare da sentenza inappellabile ovvero in caso di fallimento della conciliazione si poteva passare direttamente alla condanna nel merito. “ Nel XVIII secolo era il principio della obbligatorietà della partecipazione alla conciliazione preventiva che dominava in Svezia, Danimarca, Paesi Bassi, Francia, Repubblica Cisalpina e Repubblica Ligure. “ Si prevedeva poi che i diritti conciliabili dovessero essere disponibili, che la citazione in conciliazione interrompesse la prescrizione, che in caso di fallimento della trattativa ne venisse informato il Tribunale, che comunque per adire il giudizio si dovesse produrre attestato di mancata conciliazione o comparsa, che la mancata partecipazione alla conciliazione comportasse una sanzione economica, che vi potesse essere una proposta del conciliatore e si redigesse un verbale circostanziato che veniva sottoscritto dalle parti e dal giudice e che comunque gli appelli infondati determinassero il pagamento di un’ammenda. “ In molti stati si riteneva poi non opportuno che i legali partecipassero alla conciliazione dei loro assistiti: principio questo che viene mantenuto dalla legislazione asburgica in Lombardia e Veneto sino al 1848 e che costituirà oggetto di ampia riflessione anche in sede parlamentare nel 1860. “Bisogna poi aggiungere che nel 1773 a Norimberga era di uso comune quella conciliazione camerale che da noi si afferma in tempi recenti a partire dal 1993, ma che a ben vedere trovava largo spazio all’interno delle corporazioni in buona parte dell’Europa sin dal XIV secolo” 12 Il neonato Regno d’Italia riconobbe alla conciliazione un’importanza non secondaria. Nel primo codice di procedura civile dello stato unitario, emanato nel 1865, il titolo preliminare era denominato “Della conciliazione e del compromesso” ed i suoi 7 articoli for- “ V’ha del comico in un personaggio di questa spezie. Lo vedrete affannarsi ad ogni minima apparenza di divisione, cercar di riunire tutti i pareri, prevenire ogni disputa, farsi insopportabile a coloro che tormenta perennemente per impegnarli a rimanere in pace, e per ciò solo ch’egli ama appassionatamente la concordia, movere a tutti querela. “ Il Gondoliere, Giornale di amena conversazione. Redattore: Paolo Lampato, Volume 3, 1836, p. 355”; Avv. Carlo Alberto Calcagno, http://tieniinmanolaluce.me/2013/10/09/per-chi-crede-ancora-che-la-mediazione-sianata-ad-harvard/?goback=%2Egde_3967353_member_5793610006695784450#%21 , 9.10.2013. 12 Carlo Alberto Calcagno, “La giustizia di pace e la conciliazione nell’esperienza europea ed italiana dal XVIII al XIX secolo” 11.12.2013 in http://mediaresenzaconfini.org/2013/12/11/la-giustizia-di-pace-e-la-conciliazionenellesperienza-europea-ed-italiana-dal-xviii-al-xix-secolo/ 8 nivano una normativa assolutamente attuale (era prevista anche l’esecutività del verbale di conciliazione) : Art. 1 –“I conciliatori, quando ne siano richiesti, devono adoperarsi per comporre le controversie”. Art. 2 – “La conciliazione può aver luogo quando le parti abbiano la capacità di disporre degli oggetti su cui cade la controversia, e non si tratti di materia nella quale siano vietate le transazioni ….”. Art. 3 – “La richiesta per la conciliazione è fatta amche verbalmente al conciliatore del comune in cui una delle parti che si vuole chiamare in conciliazione ha la residenza …”. Art. 4 – “ ……… Art. 5 – “Le parti possono farsi rappresentare nelle conciliazioni da persona munita di mandato speciale per quest’oggetto, e autentico”. Art. 6 – “Quando le parti si siano conciliate, si forma processo verbale che contenga la convenzione”. Art. 7 – “Quando l’oggetto della conciliazione non ecceda il valore di Lire 30, il processo verbale di conciliazione è esecutivo contro le parti interventue, al quale effetto il conciliatore può autorizzare la spedizione della copia nella forma stabilita per le sentenze”. Sempre nel 1865, con il R.D. n. 2626, fu istituito il giudice conciliatore; presente in ogni Comune, faceva parte dell’ordinamento giudiziario, ma era elettivo; determinante non era la preparazione tecnico giuridica, ma l’autorevolezza presso la comunità; in lui coesistevano le funzioni giurisdizionale e conciliativa, quella tuttavia preponderante su questa. L’art. 9 della legge 20 marzo 1865 prevedeva che “Gli uffiziali di P. S. debbono eziandio prestare la loro opera alla composizione dei privati dissidi a richiesta delle parti: e distendere verbali della seguita conciliazione. Questi verbali firmati da loro, dalle parti e da due testimoni, potranno esser prodotti e far fede in giudizio” 13. Uso della conciliazione nell’attività di pubblica sicurezza: ritroveremo questo principio nella legislazione italiana, in questa materia, nei decenni successivi. Nel 1880 il 70% delle sentenze emanate in Italia proveniva dai giudici conciliatori . Il Digesto Italiano del 1886 alla voce “Conciliatore - conciliazione giudiziaria” dedicava ben 120 pagine 15 : “ In Italia abbiamo la conciliazione preventiva volontaria davanti al Con14 13 Carlo Alberto Calcagno http://mediaresenzaconfini.org/2013/06/12/i-verbali-di-mancata-conciliazione-sonosoltanto-atti-giuridici/?goback=%2Egde_4482010_member_249165848 , scaricato il 12.6.2013 14 15 Scamuzzi, citato, pag. 83. “ Chi apriva il Codice di procedura civile italiano del 1865 si trovava davanti a un Titolo preliminare ‘Della Conciliazione e del Compromesso’, il cui art. 1 recitava: ‘I conciliatori, quando ne siano richiesti, devono adoperarsi per comporre le controversie’. Seguivano gli altri articoli che regolavano l’istituto. Nella relazione di presentazione del Codice, ad opera del Ministro Guardasigilli Giuseppe Vacca, si affermava di aver voluto dare riconoscimento e valorizzazione alla conciliazione in quanto strumento di soluzione delle controversie la cui presenza era tradizionalmente consolidata in molti ordinamenti preunitari, specialmente nel centro e nel sud dell’Italia. Nell’edizione 1886 del Digesto Italiano, Lorenzo Scamuzzi scriveva la voce ‘Conciliatore – conciliazione giudiziaria’: un vero e proprio trattato di oltre 240 colonne dedicato in gran parte agli aspetti storici, culturali, comparativi dell’istituto. In più punti emergevano apprezzamenti per i vantaggi economici, etici, preventivi offerti dalla conciliazione. Se non fosse per lo stile, ovviamente datato, potrebbe essere espresso da un fautore contemporaneo dei metodi ADR. “ Se invece apriamo il Codice di procedura civile vigente, quello del 1942, ci imbattiamo in quest’altro art. 1: ‘La giurisdizione civile, salvo speciali disposizioni di legge, è esercitata dai giudici ordinari secondo le 9 ciliatore, e la giudiziale a esperimento obbligatorio nelle cause portate davanti ai Conciliatori e Pretori. Non si conosce la preventiva obbligatoria, tranne che per le domande di separazione personale tra coniugi, e in qualche modo per le cause in cui si chiede il gratuito patrocinio. E neppure è ammessa la facoltà nei Tribunali di sospendere il corso della causa per tentarne il componimento, salvo che si trattasse di rimetterla ad arbitri conciliatori” 16 . Con la Legge 261 del 1892 furono introdotte importanti modifiche 17 . “ Venne mutato il sistema di nomina, revoca e sospensione del conciliatore che faceva ora capo al primo presidente di Corte d’Appello su delegazione del Re; il conciliatore veniva scelto da una lista di dieci nomi che il consiglio comunale inviava alla Corte e che andavano individuati … tra alcune categorie di soggetti: notai, farmacisti, avvocati e procuratori, figure queste ultime particolarmente avversate dal legislatore, laureati di qualunque disciplina, ex soldati, maestri elementari, coloro che avessero ottenuto la licenza di maturità, ex deputati e senatori, ex dipendenti pubblici, ex sindaci, consiglieri provinciali, e i contribuenti che versavano all’erario almeno 100 lire di imposte all’anno. “Si aveva dunque normalmente di mira la cultura e professionalità del pacificatore e l’esperienza di vita; il tipo di professione poteva essere il più vario; era stato considerato anche il censo perché si presumeva che il possidente fosse più interessato di altri a mantenere la pace e la concordia nel comune … . “Per rimediare alle obiezioni circa ‘l’apertura’ alle professioni forensi, si stabilì che gli stessi esercenti la professione legale, rivestiti della qualità del conciliatore o viceconcilittore, non potessero prestare assistenza alle parti o rappresentarli davanti all’ufficio di conciliazione del quale fossero titolari. … . norme del presente codice’. Per ritrovare un accenno alla conciliazione bisogna aspettare l’art. 320, dove l’ istituto, divenuto un passaggio all’interno di una procedura decisionale, è affidato a un giudice. Coerentemente, nell’edizione 1938 del Nuovo Digesto Italiano incontriamo Mario Ricca-Barberis, allora ordinario di diritto processuale civile nella Regia Università di Torino, che in quattro pagine liquida la voce “Conciliazione”, ritenendo l’istituto sostanzialmente inutile, se non dannoso. Il nuovo codice era alle porte. “ Nel passaggio dal vecchio al nuovo codice, e nei diversi atteggiamenti della dottrina, non è difficile cogliere i segni dell’evoluzione da una concezione della soluzione delle controversie anche come servizio che può essere svolto attraverso strumenti sia informali che formali, a un’impostazione in cui il potere decisionale basato sul modello del processo-giudizio diventa prevalente, se non esclusivo. “ All’affermarsi di forme comunque forti di stato, basate sull’accentramento del potere politico e sulla pervasività del controllo sociale, tende in genere a corrispondere una nozione di ordine di tipo imposto, piuttosto che negoziato. In questa cultura unidimensionale del conflitto e della sua gestione si sono formate generazioni di giuristi. E generazioni di utenti del diritto sono cresciute 'dimenticandosi' che la loro autonomia negoziale poteva proseguire, nella controversia, in un'autonoma ricerca di accordi, invece di arrestarsi sempre e comunque di fronte alla decisione eteronoma di un giudice. “ Ci siamo dunque dimenticati di strumenti come la conciliazione. O meglio, li abbiamo rimossi, a livello sia culturale che tecnico. E adesso aspettiamo che la legge ci dica dove, quando e come usarli. Con il non piccolo paradosso che sia appunto il diritto a definire e autorizzare degli oggetti per loro natura e funzione eminentemente pre-, para-, meta-giuridici”. Cosi Giovanni, “Sullo stato della conciliazione in Italia”, contributo al Convegno “Contrazione del credito e conciliazione” tenuto a Grosseto il 19.6.2009. Il testo completo dell’ intervento è in www.adrmaremma.it , voce Articoli, pag. 6. 16 17 Scamuzzi, citato, pag. 78. Compito precipuo dei conciliatori era “come la parola stessa indica, quello di conciliare le parti, prevenire i giudizi, sopire le liti” , Relazione al re del Ministro di Grazia e Giustizia Bonacci, allegata al R.D. 26.12.1892, n.278, recante il regolamento di attuazione della legge. 10 “La legge di riforma stabilì anche che in ogni controversia il conciliatore dovesse innanzitutto procurare la conciliazione delle parti: è quella che anche noi chiamiamo conciliazione giudiziale e che è attualmente prevista dall’art. 320 C.p.c.; … . “L’art 7 del C.p.c. del 1865 prevedeva l’esecutività del verbale entro le 30 lire; tale valore venne portato nel 1892 a 100 lire; sopra questa quota il verbale mantenne la forza di scrittura privata riconosciuta in giudizio. … . “Ma la norma più rilevante ai fini del procedimento di conciliazione … era contenuta nel regolamento di esecuzione della legge e stabiliva all’art. 12 quello che poi sarà lo schema di fondo della mediazione odierna: ‘Per tentare l’esperimento della conciliazione il conciliatore avrà diritto di chiamare le parti separatamente o congiuntamente in privata udienza. Non riuscendo lo esperimento, il conciliatore potrà rinviare la discussione della causa alla prossima udienza e ripetere anche nella medesima i suoi buoni uffici. Se le parti non si conciliano, procederà senz’altro alla trattazione della causa’ (sottolineatura del redattore) . “Questa norma ha una portata rivoluzionaria anche per i nostri tempi, perché prevede la possibilità d’incontri separati, e quindi in assenza di contraddittorio, in ambito di conciliazione giudiziale; il legislatore del tempo aveva cioè compreso che per la conciliazione, sia essa preventiva volontaria o giudiziale, vigono regole differenti dal giudizio” 18. Sembra che in tema di procedura di mediazione la cultura giuridica italiana abbia ben poco da apprendere da quella statunitense ! Come sopra ricordato, il ricorso alla conciliazione, strumento per facilitare il mantenimento della pace sociale, era proprio anche delle forze di polizia. In una lettera del Sottoprefetto Petri, Sottoprefettura di Castellammare di Stabia, del 23 novembre 1907, diretta ai suoi superiori: “.. un solo funzionario addetto alla polizia giudiziaria è insufficiente; lo stesso .. deve attendere anche alle numerose conciliazioni che si fanno appunto per prevenire ulteriori reati”. Quindi, attività di polizia giudiziaria e conciliazione poste sullo stesso piano di importanza 19 . Principio ribadito alcuni decenni dopo nel R.D. n.773 del 1931, Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza, che all’art.1 c.2 statuiva: l’ Autorità di Pubblica Sicurezza “per mezzo dei suoi ufficiali, ed a richiesta delle parti, provvede alla bonaria composizione dei dissidi privati”; ribadito dal Regolamento di attuazione n.635 del 1940, che agli artt. 5 e 6 enunciava i principi base dell’attività di mediazione. Normativa emanata nel 18 19 Carlo Alberto Calcagno, “Il conciliatore nell’Italia unita”, www.mediaresenzaconfini.org . Giandomenico Torella, “Tecniche di mediazione per gli interventi nelle forze di polizia”, in www.adrmaremma.it, voce Articoli, pag. 1. Inoltre l’art. 36 del R.D. 21 ottobre 1891, n. 604, “Regolamento sul meretricio, nell’interesse dell’ordine pubblico, della salute pubblica e del buon costume” aveva disciplinato un’eventuale conciliazione nel caso le donne presenti nei locali di meretricio fossero intenzionate “al ritorno a vita onesta”; costoro “sono presunte proprietarie delle vesti fatte per la loro persona, e così della biancheria loro personale”; ma “nascendo contestazione sulla proprietà di tali vesti, e biancherie e o di altri oggetti che la donna ha per suoi … l’autorità di pubblica sicurezza chiamerà innanzi a sé le parti contendenti onde tentarne la conciliazione”; in Vaccà Cesare e Martello Maria, “La mediazione delle controversie”, Ipsoa, 2010, pag. VII 11 periodo di massima attuazione dell’ideologia dello Stato totalitario e, si badi bene, tutt’ora in vigore, ma pochissimo utilizzata 20. Perché ? Il fascismo al potere aveva accentrato nello Stato il più possibile delle funzioni pubbliche, dai vigili del fuoco alla Croce Rossa, così come la gestione delle controversie. Questa doveva essere effettuata solo dai giudici dello Stato, inopportuna quella realizzata dai privati. E tale obiettivo fu conseguito con l’emanazione nel 1942 dei nuovi codici ma, soprattutto, con la formazione ultradecennale delle nuove leve degli operatori del diritto: nelle università italiane, anche nei successivi decenni dello stato repubblicano, quasi non si parlò più di conciliazione. Inoltre, nel secondo dopoguerra, il maggior rilievo conferito ai diritti individuali, unitamente ad una complessità molto più accentuata dei rapporti sociali, hanno fatto aumentare la richiesta di una tutela “tecnica” delle proprie pretese. Che è poi diventata esasperatamene “tecnicistica”, cioè troppo spesso fine a se stessa 21 . 20 Da segnalare un’iniziativa del Questore di Grosseto che, nel 2010-2011, nell’attività di prevenzione di reati minorili, richiamando espressamente l’art.1 del T.U.L.P.S. Vedi “Tecniche di mediazione per prevenire reati; l’esperienza della Questura di Grosseto“, in www.youtube.com/adrmaremma 21 Interessante l’opinione di un ex magistrato, Marcello Marinari: “ … fino alla prima guerra mondiale … in Italia i conciliatori avevano una competenza estesissima, che si avvicinava all’80% del totale delle cause, mentre la magistratura professionale, togata diremmo oggi, si occupava di una minoranza di controversie. “ I conciliatori non erano giudici come gli altri. Nell’800 erano eletti dai Consigli Comunali, tra le persone che godevano di stima e comunque di grande autorevolezza, a prescindere dalla loro competenza giuridica. E’ stata proprio la progressiva perdita di peso percentuale della competenza dei conciliatori a vantaggio (si fa per dire) dei giudici togati a segnare la progressiva crisi del sistema giudiziario civile, già a partire dall’ anteguerra, e l’aumento progressivo della pendenza, insieme, naturalmente, ad altri fattori critici. “ Ma la conciliazione appartiene da secoli alla nostra storia, alla storia di tutti i paesi europei, e fin dal medioevo, quando era largamente praticata nei Comuni e nelle campagne, ad opera non solo di avvocati, ma anche di persone che riscuotevano il rispetto e la fiducia dei loro concittadini, anche perché la giustizia dei giudici era molto costosa. Anche i giudici conoscevano bene la conciliazione, e fino dall’epoca della codificazione del diritto comune, alla metà del ‘700, il tentativo della conciliazione era stato introdotto nella fase iniziale del processo. Il Codice di procedura civile dell’Italia unita lo prevedeva addirittura come prima opzione da ricercare, anche se, saggiamente, la relazione al codice raccomandava la volontarietà dell’accordo, per evitare imposizioni controproducenti. “ Forse … non sempre le ‘conciliazioni’ dei giudici erano totalmente spontanee e non sempre erano soddisfacenti per le parti, simili più a una transazione che chiudeva la causa, sulla base di un suggerimento del giudice, spesso, se non sempre, riferito alle richieste che venivano fuori dalle ‘carte’ del processo. Insomma, erano conciliazioni che si inserivano nello stesso schema del processo ed erano dirette dallo stesso giudice che, in caso di fallimento, avrebbe dovuto decidere la causa, elemento questo che, come fanno sempre notare gli esperti della mediazione, modifica fortemente l’atteggiamento delle parti, la loro disponibilità ad esprimersi liberamente, perché tutto quello che diranno e qualunque concessione faranno sarà conosciuta e valutata dal giudice nella successiva, eventuale, sentenza. E comunque questa è la loro convinzione, qualunque sia la capacità del giudice di non lasciarsi influenzare. “ La società, del resto, era profondamente diversa da quella di oggi e le cause, anche se molto numerose, in Italia, anche alla fine dell’800, riflettevano la realtà di un paese povero, prevalentemente contadino, nel quale esistevano, come ho detto, figure che svolgevano di fatto un ruolo di conciliatore ‘sociale’, figure che ora non esistono più, almeno nel nostro paese. “ Come ci dice con grande efficace Zygmund Baumann, citando Robert Castel, l’ipervalorizzazione dell’ individuo, avvenuta negli ultimi decenni, ha portato anche, con la liberazione dai vincoli di appartenenza a strutture familiari o professionali, ad una sensazione crescente di insicurezza e a una progressiva perdita di fiducia reciproca. “ Ciò si riflette inevitabilmente anche su quella che si chiama sbrigativamente litigiosità e che si dice particolarmente elevata in Italia. … “ L’aumento delle cause, infatti, è stato dovuto anche ad un aumento del benessere, ad una maggiore consapevolezza dei propri diritti da parte dei singoli cittadini e ad una minore rassegnazione sociale, anche al netto di quella che potremmo definire come litigiosità in senso stretto, ossia quella realmente pretestuosa. 12 Nell’ordinamento giuridico repubblicano, tuttavia, l’istituto della conciliazione non è affatto assente. Nel codice di procedura civile del 1942 la conciliazione è prevista nella udienza di prima trattazione (art. 183 c.p.c.), ma in genere non se ne è fatto alcunché, causa –si è detto- l’eccessivo numero di controversie da gestire in ogni udienza e l’impossibilità per il magistrato di analizzarle preventivamente. Artt. 198 e 199 c.p.c. (abrogati nel 1975): su incarico del magistrato, quando ci sono documenti contabili, il consulente tecnico di ufficio li esamina e può tentare la conciliazione tra le parti; in caso di esito positivo, redige processo verbale, cui il magistrato attribuisce con decreto efficacia di titolo escutivo. La L.320 del 1963 per le controversie innanzi alle sezioni specializzate agrarie ribadì la disposizione che “nell’udienza di prima trattazione deve venire esperito il tentativo di conciliazione”. La L.604 del 1966 relativa ai licenziamenti individuali introdusse il tentativo di conciliazione presso l’Ufficio provinciale del lavoro, confermato dallo Statuto dei lavoratori (L. 300 del 1970, art.7), che nella maggior parte dei casi si è rivelata solo un allungamento dei tempi della controversia. Il DPR 448 del 1988, nell’ambito del processo penale a carico di minorenni, all’art. 28, c.2, ha previsto la possibilità di “promuovere la conciliazione del minorenne con la persona offesa dal reato”. La L.146 del 1990, relativa all’esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali stabilì un tentativo di conciliazione prima dell’emanazione delle ordinanze. … “ Il problema, come ormai diviene sempre più evidente in molti paesi, è quello di diversificare gli strumenti di tutela, perché la giustizia non è solo quella dei tribunali, non è solo giurisdizione. E’ un’affermazione che può sembrare audace, o sconcertante, a qualcuno che si limiti, in maniera conformista, a registrare l’ esistente ma si basa positivamente su norme della Costituzione, di trattati internazionali e anche dei codici, e non su una astratta ricostruzione filosofica. La giustizia ‘consensuale’, come talvolta la si definisce, ha piena cittadinanza anche nel nostro ordinamento, oltre a quella incentrata su strumenti alternativi di carattere decisorio, come l’arbitrato internazionale, e quelli settoriali, di carattere tecnico, che si stanno sempre più diffondendo nel mondo occidentale. “ A tutto questo pensavo mentre camminavo ...” per recarmi all’appuntamento con un mediatore di San Francisco. “… quell’incontro ha avuto un’importanza fondamentale per il mio futuro professionale… . Mi resi subito conto che quello che caratterizza la mediazione o, meglio, la mediation, e forse sarebbe più opportuno usare l’originale inglese per caratterizzare meglio l’istituto, è la pretesa di creare una conciliazione strutturata (come adesso dice la direttiva europea del maggio 2008) e non più improvvisata, una conciliazione professionale che ha progressivamente elaborato una serie di elementi e di tecniche per potenziare la negoziazione tra le parti. … La negoziazione funziona efficacemente ed è sufficiente a raggiungere un accordo in molti casi, ma non sempre, purtroppo, ed è stato anche per questo che qualcuno dei negoziatori ha pensato di coinvolgere nella trattativa un terzo imparziale e neutrale, un terzo che non giudica, che non emette sentenze, ma cerca soltanto (‘soltanto’, si fa per dire) di metterle in condizione di trovare da sole una soluzione alla loro controversia e abbreviare di molto il tempo necessario per chiudere la causa, che finirebbe comunque con un compromesso, prima o poi, ma con un dispendio molto maggiore di tempo e di denaro. … “ Il fenomeno al quale stiamo assistendo è, in definitiva, quello del progressivo sviluppo di un sistema integrato di giustizia, come lo ha definito il Libro Bianco del Lord Chancellor Civil Justice 2000, nel quale la sentenza del giudice rappresenta l’ultima risorsa, una risorsa preziosa alla quale deve essere restituita una dignità e un’importanza che tende a perdere, altrimenti, in una indifferenziata corsa al consumismo giudiziario”. Marinari Marcello, “ Il giudice e la mediazione”, in Fragomeni Tiziana e altri, citato, pagg. 71-74. Per una disamina storica della conciliazione dal Regno delle Due Sicilie al secondo dopoguerra, in Italia, vedi Bernardini Piero (a cura di), “La conciliazione, modelli ed esperienze di composizione non conflittuale delle controversie”, pag. 17 e ss., Isdaci – Unioncamere, 2001 13 Il D.Lgs. 546 del 1992 introdusse nel processo tributario la conciliazione giudiziale (che, vista la particolare funzione pubblica di una delle parti, ha dei connotati specifici) 22. Con la L.276 del 1997 (“Disposizioni per la definizione del contenzioso pendente: nomina dei giudici ordinari aggregati…”) art. 13, c.2, “Il giudice istruttore convoca le parti davanti a sé per il tentativo di conciliazione…”. Un comparto dove la conciliazione ha preso piede è stato quello delle controversie nelle comunicazioni. La L. 249 del 1997 ha prescritto un tentativo obbligatorio di conciliazione prima di adire l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Tale tentativo si svolge presso i CoReCom (Comitati regionali per le comunicazioni), i quali possono anche stipulare delle convenzioni con le CCIAA e demandare a queste ultime la gestione delle conciliazioni. Da sottolineare, comunque, che si tratta di procedure quasi “standard”, dove c’è ben poco di tecnica negoziale. Una “rinascita” della conciliazione era lecito attendersi con la istituzione dei giudici di pace, la cui attività è impostata alla massima semplificazione procedurale possibile. Tentare la conciliazione nella prima udienza di trattazione della causa (art. 320 c.p.c.). Possibilità di ricevere, in sede non contenziosa, istanza di conciliazione, anche verbalmente; se la controversia rientra nella competenza del giudice il processo verbale di conciliazione costituisce titolo esecutivo (art. 322 c.p.c.). Inoltre, in base al D.Lgs. 274 del 2000, art. 29, c. 4, “Il giudice, quando il reato è perseguibile a querela, promuove la conciliazione tra le parti. In tal caso, qualora sia utile per favorire la conciliazione, il giudice può rinviare l’udienza per un periodo non superiore a due mesi e, ove occorra, può avvalersi anche dell’attività di mediazione di centri e strutture pubbliche o private presenti sul territorio. In ogni caso, le dichiarazioni rese dalle parti nel corso dell’attività di conciliazione non possono essere in alcun modo utilizzate ai fini della deliberazione”. Il legislatore comincia a differenziare tra attività di conciliazione e giurisdizionale; si comincia a citare la conciliazione delegata. Tuttavia, anche davanti a questa categoria di giudici, l’istituto non è decollato (causa le modalità di selezione del personale e di retribuzione dell’attività?). 22 In www.adrmaremma.it , voce Articoli, Matteucci G. “Conciliazione giudiziale tributaria” e “L’accordo di conciliazione vincola le parti, non il giudice tributario”; Randazzo F. “La conciliazione giudiziale tributaria nell’interpretazione della giurisprudenza: casi e materiali per un’analisi critica dell’istituto”. Un utilizzo ben più ampio della conciliazione fu prospettato, come ipotesi allo studio, dal Sottosegretario all’ economia e alle finanze, on. Luigi Casero, in un’audizione del 18.01.2011 della VI Commissione Finanze della Camera dei Deputati. “Attualmente esiste una fase preconciliativa all’interno degli uffici; l’accertamento con adesione è una fase preconciliativa, ha i principi di una fase conciliativa ma non è fatta da un conciliatore bensì dagli uffici stessi; è un confronto tra il contribuente e colui che ha fatto l’accertamento. Lo strumento va molto bene: i dati riportano circa 12 miliardi di euro di riscosso, nel 2007 erano di circa 6 miliardi; e una buona parte di tale importo nasce da procedure di accertamento con adesione, di rapporto con il contribuente. Però è una fase che avviene all’interno dell’Amministrazione, mentre in Europa spesso c’è una fase terza, cioè è un terzo che valuta il comportamento dell’Amministrazione e del contribuente e fa una proposta conciliativa. Io ritengo che un salto di qualità possa portare anche in Italia a strumenti di questo genere, che avvicinano il contribuente alla soluzione e semplificano le procedure della fase giudiziaria. Chiaramente, se viene introdotta una fase conciliativa obbligatoria poi si dovrà stabilire un tetto, ad es. solo per le procedure al di sotto di un certo importo. “Presso la sola Agenzia delle Entrate, a fronte dei 193.000 nuovi contenziosi aperti nel 2009, le controversie al di sotto dei 51.000 euro sono state 157.000. Con una fase conciliativa forte e seria su molti di questi elementi si potrebbe intervenire, eliminare molto del contenzioso che poi va in Commissione, la quale invece potrebbe gestire il contenzioso vero e concreto. Se passa questo principio della fase conciliativa forte e seria, si potrebbe anche valutare di intervenire sui livelli di giudizio: in altri paesi esiste una fase conciliativa forte ed un solo livello di giudizio …. lasciando poi la fase in Cassazione per i ricorsi sul diritto”. Fonte www.radioradicale.it/scheda/319430 . Questi i prodromi della mediazione tributaria, entrata in vigore nel 2011 ed efficace dal 1.4.2012, che però della mediazione avrà solo il nome. 14 Il D.M. 743 del 2002, … Istituzione di una Camera arbitrale e di uno sportello di conciliazione per la risoluzione semplificata delle controversie di competenza A.G.E.A. Agenzia per le erogazioni in agricoltura. Si richiama la necessità di semplificare la risoluzione delle controversie “entro i tempi compatibili con le scadenze poste dai regolamenti U.E.” e si prescrive l’uso del documento elettronico con firma digitale per presentare la domanda di conciliazione; tutti elementi che fanno pensare ad un bel passo avanti rispetto al passato. Ma poi, art.34 c.1, il Comitato di conciliazione, “ascoltate le parti all’udienza fissata per la discussione propone la possibile soluzione transattiva della controversia”. Come al solito, il legislatore italiano non considera la differenza tra transazione e conciliazione, per quest’ultima usa terminologia giudiziale (“memoria difensiva”, “udienza”) , affidandone la gestione a professionisti in genere formati alla cultura della “citazione”. Nel Codice del consumo (D. Lgs. 206 del 2005) c’è un nutrito elenco di diritti dei consumatori, a tutela dei quali possono agire le loro associazioni rappresentative a livello nazionale. Prima di adire il giudice, queste possono esperire tentativo di conciliazione davanti alle CCIAA o utilizzare l’ODR, Online Dispute Resolution, gestita da organismi riconosciuti. Comincia ad essere citata la conciliazione amministrata. In Italia quindi molti sono gli articoli di legge che da decenni hanno permesso (in certi casi, obbligato) a gestire le controversie con la conciliazione. Tuttavia quest’ultima, fino al 2010, è stata ben poco utilizzata. Ciò a causa dal fatto che, in vari comparti dell’ ordinamento, quando il legislatore non sapeva cosa inventarsi per decongestionare il contenzioso, ha “buttato lì” la conciliazione, in genere identificandola in modo erroneo con la transazione e affidandola a professionisti spesso senza preparazione specifica: nella stragrande maggioranza avvocati (impregnati di cultura avversariale) o burocrati. Inoltre la conciliazione è stata quanto meno avversata dalla classe forense, che la considera una fastidiosa concorrente, e ritenuta dalla maggior parte dei magistrati “figlia di un dio minore”. Da considerare poi che in Italia “la conciliazione –a differenza dell’arbitrato , considerato da molti il suo fratello maggiorepresenta profili tecnico-giuridici limitati, non trattandosi di un fenomeno esclusivamente processuale ma coinvolgente scienze diverse, come quella comportamentale, quella comunicativa, ecc.. Forse è per tutti questi motivi che la conciliazione è oggi un istituto poco studiato, in mano ad una ristretta cerchia di specialisti e di addetti ai lavori”; inoltre “l’offerta di servizi reali di conciliazione commerciale (molti dei quali su inziativa delle Camere di Commercio) ha anticipato quella riflessione scientifica che ha invece caratterizzato lo sviluppo della mediation commerciale nei paesi in cui oggi essa è maggiormente affermata”, così Stefano Azzali nel 2005 23. Al di fuori del sistema giudiziario, in Italia si è cominciato a fare timidamente qualcosa per la conciliazione con la legge di riforma delle Camere di commercio del 1993: presso ognuna di esse sono state costituite delle Camere Arbitrali e di Conciliazione, con il compito di fornire il servizio relativo a controversie tra imprese e consumatori e utenti24 . 23 Stefano Azzali, segretario generale della Camera arbitrale e di conciliazione della CCIAA di Milano, nella prefazione a Cicogna Michelangelo, Di Rago Gianfranco, Giudice Giovanni Nicola, “La conciliazione commerciale”, 2005, Maggioli editore, pag. 15. 24 L. 29.12.1993, n.580, art.2 c.4 : “Le Camere di commercio, singolarmente o in forma associata, possono … a) promuovere la costituzione di commissioni arbitrali e conciliative per la risoluzione delle controversie tra imprese e consumatori e utenti. L. 14.11.1995, n.481, art. 2 c.1: “Sono istituite le Autorità di regolazione di servizi di pubblica utilità competenti, rispettivamente, per l’energia elettrica, il gas e le telecomunicazioni …. . c. 24 … sono definiti … b) i criteri, le condizioni, i termini e le modalità per l’esperimento di procedure di conciliazione o di arbitrato in contraddittorio presso le Autorità nei casi di controversie insorte tra utenti e soggetti esercenti il servizio, preve- 15 Ciascuna realtà provinciale, però, operava in autonomia, con la conseguenza che alcuni di questi organismi erano (e sono) uffici nell’ambito della Camera di commercio di appartenenza, altri sono aziende speciali; per molti anni mancò un regolamento comune di conciliazione, adottato da Unioncamere solo nel 2005; l’operatività non ERA uniforme sul territorio nazionale ma “a macchia di leopardo”. Non si ERA costituita, purtroppo, una rete di punti di riferimento dove l’utenza potesse trovare un servizio qualificato ed omogeneo, tale quindi da essere sempre più conosciuto ed usato. Tuttavia Unioncamere (“vox clamans in deserto”) fu l’unico ente a livello nazionale che costantemente portava avanti il discorso sulla conciliazione e, fattore importantissimo, adottò degli standard uniformi per la formazione (in vigore dal 2005), divenuti punti di riferimento per tutti e in parte recepiti dal legislatore quando, pur in mancanza di una normativa generale, intervenne per la prima volta in modo organico in uno specifico comparto dell’istituto, quello c.d. societario 25. dendo altresì i casi in cui tali procedure di conciliazione o di arbitrato possano essere rimesse in prima istanza alle commissioni arbitrali e conciliative istituite presso le CCIAA … . L. 18.6.1998, n.192 – Disciplina della subfornitura nelle attività produttive. Art.10 : “ … Le controversie relative ai contratti di subfornitura sono sottoposte al tentativo OBBLIGATORIO di conciliazione presso la CCIAA nel cui territorio ha sede il fornitore…”. L. 29.3.2001, n.135 , art.4, c.3 : “Le CCIAA … costituiscono le commissioni arbitrali e conciliative per la risoluzione delle controversie tra imprese e imprese e tra imprese e consumatori e utenti inerenti la fornitura di servizi turistici. E’ fatta salva la facoltà degli utenti … di avvalersi delle associazioni dei consumatori”. L. 22.2.2006, n.84, Disciplina dell’attività professionale di tintolavanderia. Art. 3: “Le competenze delle regioni … sono volte al conseguimento delle seguenti finalità: … e) promuovere, d’intesa con le CCIAA, la costituzione … di commissioni arbitrali e conciliative per la definizione … delle controversie tra imprese del settore tintolavanderia e consumatori …”. D.Lgs. 17.1.2003, n.5. Definizione dei procedimenti in materia di diritto societario e di intermediazione finanziaria, nonché in materia bancaria e creditizia. Art.1: “Si osservano le disposizioni del presente decreto …. relative a: a) rapporti societari …; b) trasferimenti delle partecipazioni sociali … ; c) patti parasociali …; d) rapporti in materia di intermediazione mobiliare … ; d) materie di cui al D.Lgs. 1.9.1993, n.385 (T.U. delle leggi in materia bancaria e creditizia) quando la relativa controversia è promossa da una banca nei confronti di altra banca ovvero da o contro associazioni rappresentative di consumatori o camere di commercio; f) credito per le opere pubbliche. Art. 38, c.1 :”Gli enti pubblici o privati, che diano garanzie di serietà ed efficienza, sono abilitati a costituire organismi deputati … a gestire un tentativo di conciliazione delle controversie nelle materie di cui all’articolo 1 … . Tali organismi debbono essere iscritti in un apposito registro tenuto presso il Ministero della Giustizia”; c.2 : “… Le CCIAA , che hanno costituito organismi di conciliazione ai sensi dell’articolo 2 della L. 29.12.1993, n. 580, hanno diritto ad ottenere l’iscrizione di tali organismi nel registro”. Legge 18.6.2009, n.69, art. 60. Delega al Governo in materia di mediazione e di conciliazione delle controversie civili e commerciali 1. Il Governo è delegato ad adottare … uno o più decreti legislativi in materia di mediazione e di conciliazione in ambito civile e commerciale. 3. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il Governo si attiene a … a) prevedere che la mediazione, finalizzata alla conciliazione, abbia per oggetto controversie su diritti disponibili, senza precludere l'accesso alla giustizia; b) prevedere che la mediazione sia svolta da organismi professionali e indipendenti, stabilmente destinati all'erogazione del servizio di conciliazione; c) disciplinare la mediazione, nel rispetto della normativa comunitaria, anche attraverso l'estensione delle disposizioni di cui al D.Lgs. 17.1.2003, n. 5, e in ogni caso attraverso l'istituzione, presso il Ministero della giustizia … di un Registro degli organismi di conciliazione … , fermo restando il diritto delle CCIAA che hanno costituito organismi di conciliazione ai sensi dell'articolo 2 della legge 29 dicembre 1993, n. 580, ad ottenere l'iscrizione di tali organismi nel medesimo Registro … “. 25 Le procedure di conciliazione avviate presso le Camere di commercio italiane furono 112 nel 1997, 1.138 nel 2002, 14.051 nel 2007, 20.246 nel 2008, 18.642 nel 2009 (Fonte, Unioncamere). 16 Una svolta importante nel lungo (e fino ad allora sterile) percorso di “ritorno al passato”, di utilizzo cioè della mediazione per la composizione delle liti, è stata l’ emanazione del D.Lgs. 17.1.2003, n.5 (“Riforma del diritto societario”). Gli articoli 1, 38, 39 e 40 introdussero quella che fu chiamata conciliazione societaria, relativa alle controversie societarie, finanziarie, bancarie e creditizie. Tale normativa fu completata dal D.M. 23.7.2004, n.222 e dal D.M. 23.7.2004, n.223, nonchè dal Decreto 24.7.2006. Tra i punti qualificanti : - ambito di applicazione vasto; D.Lgs. 5/2003, art. 1 : “a) rapporti societari, ivi compresi quelli concernenti le società di fatto, l’accertamento, la costituzione, la modificazione o l’estinzione di un rapporto societario, le azioni di responsabilità da chiunque promosse contro gli organi amministrativi e di controllo, i liquidatori e i direttori generali delle società cooperative nonché contro il soggetto incaricato della Gli incrementi negli anni considerati furono ragguardevoli, tuttavia i valori assoluti erano ben poca cosa rispetto ai 5.826.440.000 di procedimenti civili pendenti al 31.12.2009 (Relazione sulla amministrazione della giustizia nel 2009). Inoltre c’è da considerare che i dati sopra riportati si riferiscono ai procedimenti di conciliazione INIZIATI, quelli cioè per cui almeno una delle parti in lite aveva depositato domanda di conciliazione presso la segreteria di una CCIAA. Non sempre l’altra parte aderiva e non tutti i procedimenti terminavano con l’accordo. Per comprendere meglio la situazione sono utili i dati pubblicati dalla CCIAA di Milano, la più avanzata in Italia per il numero e qualità di servizi offerti. Ebbene, nel 2008, le domande di conciliazione depositate presso questa Camera di commercio furono 507, per le quali solo per il 15% ci furono incontri di conciliazione, dei quali ultimi l’89% si conclusero con un accordo. Sempre nel 2008, presso tutte le CCIAA 21.868 le domande, adesione per il 45%, dei quali il 59% raggiunse l’accordo (Isdaci, “Terzo rapporto sulla diffusione della giustizia alternativa in Italia riferito al 2008”). E’ fin troppo facile comprendere che la conciliazione, in Italia, fino al 2010 era stata utilizzata (e conosciuta) pochissimo. In base al Secondo rapporto sulla diffusione della giustizia alternativa in Italia, redatto dall’ Isdaci” il ricorso alla conciliazione e all’arbitrato amministrato in tre anni è triplicato. Dal 2005 al 2007, infatti, il numero di procedure (sarebbe più opportuno dire “il numero delle domande” – n.d.r.) è più che triplicato, passando da 16.000 a 50.000. … A essere in buona salute, in realtà, è soprattutto la conciliazione, che rappresenta il 98% di tutte le domande di giustizia alternativa. In particolare, poi, in costante aumento sono le procedure gestite dai Corecom, i comitati regionali competenti in materia di telecomunicazioni con 33 mila domande, e dalle Camere di Commercio, presso le quali sono passate da 6 mila a 14 mila istanze. “… Lo studio rivela come in Italia operino nel settore delle ADR 250 strutture: 4 centri di riassegnazione dei nomi a dominio (uso di un dominio internet, registrato con il suffisso .it), 86 camere arbitrali (69 all’interno delle Cdc, 17 soprattutto presso gli ordini professionali e in forte ridimensionamento) e 160 centri di conciliazione (104 Cdc, 16 Corecom, 28 centri di conciliazione amministrata al di fuori delle Cdc e 12 centri di conciliazione paritetica). Il rapporto inoltre sottolinea come proprio le statistiche sulla conciliazione paritetica – servizio attivato presso le aziende e disciplinato da protocolli sottoscritti con le associazioni di consumatori – siano sottostimate, in considerazione del fatto che molti importanti centri (aperti, per esempio, in ambito bancario) non hanno aderito alla ricerca. “ Il maggior numero di domande di conciliazione riguarda liti sorte tra imprese e consumatori, avviate generalmente su iniziativa dei secondi. La durata media dei procedimenti si attesta sui 70 giorni per le conciliazioni e sui 138 giorni per gli arbitrati amministrati. Per quanto concerne il valore delle controversie si riscontrano differenze sensibili: le conciliazioni hanno mediamente per oggetto liti con un valore di euro 17.555; le conciliazioni presso i Corecom non vanno oltre i 340 euro; per gli arbitrati si sale a 132.300 euro; e addirittura i procedimenti presso la Camera dei lavori pubblici e la Camera arbitrale di Milano hanno un valore superiore ai tre milioni di euro. “ Un vantaggio competitivo delle conciliazioni è costituito dai costi: quasi tutte le tipologie nel 2007 sono risultate gratuite. Mentre arbitrato e riassegnazione dei nomi a dominio sono praticati in base a prezzi più contenuti di quelli previsti dalle tariffe per gli arbitrati ad hoc, che si svolgono negli studi professionali”. 17 revisione contabile per i danni derivanti da propri inadempimenti o da fatti illeciti commessi nei confronti della società che ha conferito l’incarico e nei confronti dei terzi danneggiati; “ b) trasferimento delle partecipazioni sociali, nonché ogni altro negozio avente ad oggetto le partecipazioni sociali o i diritti inerenti; “ c) patti parasociali, anche diversi da quelli disciplinati dall’articolo 2341-bis del codice civile, e accordi di collaborazione di cui all’articolo 2341-bis, ultimo comma, del codice civile; “ d) rapporti in materia di intermediazione mobiliare da chiunque gestita, servizi e contratti di investimento, ivi compresi i servizi accessori, fondi di investimento, gestione collettiva del risparmio e gestione accentrata di strumenti finanziari, vendita di prodotti finanziari, ivi compresa la cartolarizzazione dei crediti, offerte pubbliche di acquisto e di scambio, contratti di borsa; “ e) materie di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n.385, quando la relativa controversia è promossa da una banca nei confronti di altra banca ovvero da e contro associazioni rappresentative di consumatori o camere di commercio; “ f) credito per le opere pubbliche” ; - lo Stato conferiva in outsourcing la gestione di alcune controversie ad enti pubblici o privati (art. 18) 26; - veniva istituito un registro degli organismi di conciliazione presso il Ministero della giustizia e la determinazione dei criteri e delle modalità di iscrizione in esso; controversi i requisiti di qualificazione professionale rishiesti ai conciliatori 27 ; - venivano indicati i requisiti minimi dei corsi di formazione : specificate le materie e la durata, 40 ore (di cui non meno di 16 ore di pratica) e altre 4 per la valutazione . Difforme dalla tradizione la possibilità : - per il mediatore di effettuare una proposta di accordo, ma su richiesta congiunta delle parti; - per le parti di chiedere al presidente del tribunale di attribuire efficacia esecutiva all’accordo. 26 Vedi De Virgiliis Giovanna, “La conciliazione societaria e bancaria ’amministrata’ dalla Pubblica Amministrazione introdotta dal D. Lgs. n. 5 del 2003”, in www.adrmaremma.it , voce Articoli, pag.5. 27 Relativamente alla competenza i criteri adottati nel 2004 erano quanto meno opinabili. Il D.M. 23.7.2004, n.222, infatti, all’art.4, stabiliva che, degli organismi di conciliazione iscritti presso il Ministero di giustizia, possono far parte conciliatori con la seguente qualifica professionale: - professori universitari in discipline economiche o giuridiche, - professionisti iscritti ad albi professionali nelle medesime materie con anzianità di iscrizione di almeno quindici anni, - magistrati in quiescenza, - soggetti che avessero partecipato a corsi di formazione tenuti da enti pubbici, università o enti privati accreditati presso il Ministero, secondo i criteri di formazione Unioncamere. Il tutto con buona pace della conoscenza della caratteristica base della conciliazione, che è la tecnica di gestione della comunicazione. Nei corsi Unioncamere venivano forniti i rudimenti di essa, la cui conoscenza non era invece richiesta per superare gli esami di avvocato, commercialista o magistrato. Conseguenza, una parte non trascurabile dei professionisti abilitati “ope legis” alla conciliazione societaria ben poco sapeva di mediazione. 18 Il fermento che seguì la pubblicazione di queste norme fu consistente. Alcuni capirono che qualcosa stava cambiando. L’ostilità da parte dell’ambiente forense crebbe sempre più. Da allora si distinse tra “conciliazione societaria” e “conciliazione di diritto comune”. Seguirono altri interventi del legislatore. La L. 6.5.2004, n. 129, art. 7, indicò la possibilità di effettuare un tentativo di conciliazione presso le CCIAA, prima di adire il magistrato o l’arbitro, per le controversie relative ai contratti di affiliazione commerciale; al procedimento si applicavano gli artt. 38, 39 e 40 del D.Lgs. 5 del 2003. La L. 28.12.2005, n. 262 (G.U. 301 del 28.12.2005, Supplemento ordinario n. 208), “Disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari” (c.d. legge sul risparmio) : - all’art. 27 delegò il governo ad adottare norme in materia di servizi di investimento per l’istituzione di procedure di conciliazione ed arbitrato presso la Consob, “tenuto conto di quanto disposto dal D.Lgs. 17.01.2003, n.5”; - all’art. 29 – Risoluzione delle controversie in materia di trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari . “Dopo l’articolo 128 del testo unico di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 (T.U. Bancario, n.d.r.) è aggiunto il seguente : ‘art. 128-bis – I soggetti di cui all’articolo 115 aderiscono a sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie con i consumatori’ ”. In base a tale delega il Governo emanò il D.Lgs. 8.10.2007, n. 179 (G.U. n.253 del 30.10.2007), con cui furono istituite procedure di conciliazione e arbitrato presso la Consob. Quest’ultima con delibera n. 16.763 del 29.12.2008 emanò il regolamento di attuazione. Relativamente alla risoluzione delle controversie in materia di trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari (ai sensi dell’art. 128-bis del T.U.Bancario) il CICR del 29.7.2008 adottò la delibera n. 275, a seguito della quale la Banca d’Italia il 18.3.2009 pubblicò sul proprio sito internet, per la consultazione pubblica, “Disposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di operazioni e servizi bancari e finanziari tra banche e intermediari finanziari da una parte e loro clienti dall’altra”. Nacque l’ Arbitro Bancario Finanziario . Nel 2006 era stato introdotto l’art. 696-bis c.p.c. 28 , relativo alla consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite. La norma, anche se permette di ridurre notevolemnte i tempi del giudizio, è stata utilizzata molto poco. 28 Art. 696 – bis c.p.c.. Consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite. 1. L'espletamento di una consulenza tecnica, in via preventiva, può essere richiesto anche al di fuori delle condizioni di cui al primo comma dell'articolo 696, ai fini dell'accertamento e della relativa determinazione dei crediti derivanti dalla mancata o inesatta esecuzione di obbligazioni contrattuali o da fatto illecito. Il giudice procede a norma del terzo comma del medesimo articolo 696. Il consulente, prima di provvedere al deposito della relazione, tenta, ove possibile, la conciliazione delle parti. 2. Se le parti si sono conciliate, si forma processo verbale della conciliazione. 3. Il giudice attribuisce con decreto efficacia di titolo esecutivo al processo verbale, ai fini dell'espropriazione e dell'esecuzione in forma specifica e per l'iscrizione di ipoteca giudiziale. 4. Il processo verbale è esente dall'imposta di registro. 5. Se la conciliazione non riesce, ciascuna parte può chiedere che la relazione depositata dal consulente sia acquisita agli atti del successivo giudizio di merito. 6. Si applicano gli articoli da 191 a 197, in quanto compatibili. 19 Ai fini di un ritorno dell’uso della mediazione in Italia il D.lgs. 5 / 2003 aveva fatto da rompighiaccio, ma negli anni seguenti il ricorso agli ADR in Italia, pur se con incrementi percentuali annui a due cifre, in valori assoluti rimaneva molto modesto. Il vero punto di svolta ci fu nel biennio 2009 – 2010. Cause civili pendenti nel 1980 n. 1.394.826; nel 1990 n. 2.414.050; nel 2000 n. 4.896.281. Al 31.12.2009 n. 5.826.440, +3% rispetto all’anno precedente, per due terzi circa di valore inferiore ai tremila euro 29 . Giorni medi per una sentenza civile in 1° grado n. 960; in appello n. 1.509 (relazione Ministro della Giustizia 20.1.2010). 1.210 giorni in media per recupero crediti commerciali e costo processuale del 30% del valore della causa (Rapporto Doing Business 2009). A causa della lunghezza dei processi e delle condanne a carico dello Stato italiano ex legge Pinto, nel 2010 il Ministero della giustizia aveva chiesto la disponibilità di euro 95.000.000 (NOVANTACINQUEMILIONI) “a saldo del debito complessivo, vale a dire non solo quello dell’anno ma anche l’arretrato; il Ministero dell’economia ha trasferito euro 16.561.585,00 … solo nel luglio 2010, con conseguente incremento delle azioni esecutive” a carico dello Stato 30. In Italia il processo, il principale strumento per gestire la patologia sociale, era divenuto esso stesso un fenomeno patologico. Con L.69 del 2009 al Governo fu conferita un’ampia delega per l’utilizzo della mediazione nelle controversie relative ai diritti disponibili in tutte le materie civili e commerciali 31 . E nel 2010 furono emanati il D.Lgs. 4.3.2010 n. 28 ed il D.M. 18.10.2010, n.180. Con tale normativa l’Italia è divenne il secondo paese europeo (dopo la Slovenia) a disporre di un consistente “corpus iuris” sulla mediazione. Il ricorso alla quale, particolare ancora più importante, dal 20.3.2011 divenne condizione obbligatoria di procedibilità per le controversie in materia di “condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, da responsabilità medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari” . Il verbale di conciliazione poteva avere efficacia di titolo esecutivo, purché la mediazione fosse gestita presso organismi riconosciuti dal Ministero di giustizia e da mediatori che avessero seguito un corso (non più di 40+4 ma) di 50+4 ore. Potevano accedere a tali corsi coloro che avessro conseguito una laurea triennale in qualunque materia o che fossero iscritti a qualunque ordine o collegio professionale; un’apertura considerevole. Rimaneva obbligatorio rivolgersi alla mediazione (prima di adire il magistrato) anche per : 29 In base alla Relazione del Guardasigilli al Senato della Repubblica – Aula, 18.01.2011, resoconto stenografico, il numero di cause civili pendenti al 30.06.2010 era diminuito a 5.600.616 (- 4%), così suddiviso : -10% presso i Giudici di pace, -2% nei Tribunali, +2% in Corte d’Appello. Da considerare che dal 1.1.2010 era stato introdotto il contributo unificato di euro 30 (prima inesistente) per le Opposizioni alle sanzioni amministrative (di competenza dei Giudici di pace), con una diminuzione di queste ultime (30.6.2010 / 30.6.2009) del 52% ; inoltre la Legge n. 69/2009 aveva aumentato le competenze dei Giudici di pace: cause relative a beni immobili da euro 2.582 ad euro 5.000, risarcimento danno da circolazione veicoli o natanti da euro 15.000 ad euro 20.000; nonché introduzione della materia previdenziale. Quanti di questi incrementi di competenza a carico dei Giudici di pace ha influito sulla diminuizone delle controversie pendenti presso i Tribunali ? 30 Relazione del Ministro della Giustizia Alfano sull’amministrazione della giustizia, anno 2010 – testo integrale trasferito alla Presidenza del Senato il 18.1.2010. 31 L. 18 giugno 2009, n.69, in G.U. n.140 del 19.6.2009, Supplemento ordinario n.95, art. 60 - Delega al Governo in materia di mediazione e di conciliazione delle controversie civili e commerciali 20 - controversie nelle telecomunicazioni (L. 31.7.1997, n.249); con delbere dell’Agcom (n.182/02CONS, 307/03CONS e 137/06/CONS) gli utenti o gli organismi di telecomunicazione, che sostengono la violazione di un diritto, prima di agire giudizialmente devono esperire tentativo di conciliazione davanti ai Co.Re.Com., Comitati regionali per le comunicazioni; è previsto che il conciliatore possa manifestare una propria soluzione; il verbale costituisce titolo esecutivo; in alternativa ai Co.Re.Com. gli utenti si possono rivolgere alle CCIAA o servirsi della conciliazione paritetica eventualmente concordata tra società di telecomunicazioni e associazioni di consumatori; - subfornitura (L.18.6.1998, n.192, art. 10) ; tentativo obbligatorio di conciliazione presso la CCIAA del territorio ove il subfornitore ha sede; l’adesione tuttavia è facoltativa, per cui se la controparte si rifiuta, non invia l’accettazione entro 30 giorni dalla comunicazione o non si presenta, la procedura della conciliazione termina e la segreteria ne dà comunicazione al proponente; - patti di famiglia (L.14.2.2006, n.55); tutte le controversie relative all’applicazione di questi contratti, prima di adire la via giudiziale, devono essere sottoposti ad un organismo di conciliazione previsto dall’art. 38 D.Lgs. 17.1.2003, n.5 (art. 768 – octies c.c.). La normativa sulla “conciliazione societaria” fu sostituita da quella entrata in vigore nel 2009 32 . Come già ricordato, con la riforma delle Camere di Commercio del 1993 erano state istituite, nella rete camerale, le Camere arbitrali e di conciliazione, che, da un punto di vista procedurale, si rifecero alle tecniche elaborate dall’Università di Harvard. Inoltre, dapprima a macchia di leopardo, poi con testo uniforme, furono redatti i relativi regolamenti. Con il D.Lgs. n.5/2003 (entrato in vigore nel 2004, e definitivamente abrogato nel 2010) fu introdotto il rito societario (che non ebbe successo) e, agli artt. 38, 39 e 40, la mediazione amministrata in campo societario, bancario, creditizio e finanziario, con la possibilità per le parti, concordi, di chiedere al mediatore una proposta di accordo e, per quest’ ultimo, di essere sottoposto ad omologa e divenire esecutivo. In quell’occasione il legislatore italiano fece una scelta di fondo: esternalizzazione della gestione della mediazione ad organismi pubblici e privati, costituiti secondo criteri dettati dal Ministero della Giustizia e da quest’ultimo controllati. L’utilizzo dello strumento fu vicino allo zero. Ne chiesi il perché ad alcuni avvocati: “Non era obbligatoria!” . Nel 2010 il D.Lgs. 28 rese la mediazione “condizione obbligatoria di procedibilità” nelle controversie in numerose materie. A seguito di ciò migliaia di professionisti, non solo tecnici del diritto, frequentarono i corsi di formazione di 50 ore previsti dal Ministero della Giustizia, anche se, vista l’eseguità del numero delle ore, sarebbe più corretto parlare di corsi di “INformazione”. Nonostante l’opposizione veemente di parte dell’avvocatura, si era aperto un capitolo nuovo nell’uso della mediazione civile in Italia, successivamente arricchitosi di nuovi paragrafi: la mediazione tributaria, introdotta dal D.L. 98/2011, convertito nella L.111/2011 (che però è “mediazione” solo nel nome); la possibilità per gli organismi di conciliazione presso CCIAA e ordini professionali di avvocati, dottori commercialisti e notai di divenire su richiesta organismi di composizione della crisi negli accordi di ristrutturazione dei debiti per famiglie e imprese medio piccole (L.3/2012). Rimaneva però un problema di base, forse IL problema, perché la mediazione si potesse affermare: una seria formazione dei mediatori; prob32 D.Lgs. 28 / 2010, art. 23: “ 1- Sono abrogati gli articoli da 38 a 40 … “. 21 lema acuito dall’esplosione, nel numero, degli organismi di mediazione e di quelli di formazione 33 . 33 “ Il capo dell’Ufficio legislativo del Ministero della giustizia Augusta Iannini, intervenuta ieri al convegno di Unioncamere, ha precisato: ‘quando è iniziata questa avventura il timore era di non avere abbastanza copertura sul territorio. Sulla scia di questo abbiamo dettato regole applicate oggi ad una realtà diversa; questo può creare dei problemi al sistema’ ”; in Maciocchi Patrizia, “Autoselezione per la qualità dei mediatori”, Il Sole 24 Ore, 21.03.2012; Norme e tributi, pag. 26.